La Ticosa story
e l’ultimo dubbio

Speriamo che il 6 marzo porti bene alla Ticosa. Almeno per una volta. Domani ripartono, dopo mesi di stop, i lavori per la bonifica del sottosuolo. E questa sarà l’ultima fase che si dovrebbe (il condizionale quando si parla della ex tintostamperia non è un dettaglio) concludere nel mese di giugno. C’è ancora un’incognita ed è quella delle falde, su cui saranno fatte una serie di analisi. Questa volta, si spera, non come tutte quelle precedenti.

Non va dimenticato infatti che sono stati commessi errori nell’individuazione dell’amianto presente all’interno dell’edificio che ospitava una delle più grandi fabbriche tessili d’Italia. Errori che hanno portato al ritrovamento della sostanza pericolosa mesi dopo la demolizione, al sequestro dell’area e allo smaltimento di migliaia di tonnellate di materiale. Poi altri errori nelle stime delle sostanze nocive presenti nel sottosuolo che hanno portato a un incremento notevole dei costi: la somma è arrivata a qualcosa come 4 milioni 749mila euro a fronte di un’ipotesi iniziale di 2 milioni 390mila euro. Più del doppio. Molto più lunghi, ovviamente, anche i tempi a causa di sorpresa dopo l’altra.

E se la ripresa dei lavori e, a questo punto, fa vedere una conclusione reale del cantiere, i punti interrogativi sono ancora molti.

Il primo riguarda il destino dell’area e dell’operazione di recupero firmata Multi. Dopo la modifica radicale al progetto (con l’addio alle torri e alle residenze) il Comune aveva lavorato con la società a una soluzione alternativa. Poi, però, era sembrato naufragare tutto a causa di un’incompatibilità con le norme regionali. Nelle ultime due settimane nuovo ribaltone. L’operazione Multi potrebbe andare in porto, grazie anche a un massiccio intervento della Cassa depositi e prestiti che investirebbe svariati milioni di euro per l’housing sociale, cioè l’edilizia a prezzi calmierati. E a questo punto di domanda bisognerebbe dare una risposta definitiva. In un senso o in un altro. Poiché da questo dipende anche una seconda – e forse in questo momento – principale incognita. Quella del parcheggio. La chiusura dell’area di sosta ha portato infatti all’eliminazione di decine e decine di posti auto a costi contenuti. E in molti guardano alla Ticosa come valvola di sfogo per la cancellazione dei posti auto di piazza Roma e piazza Grimoldi e, tra una decina di giorni, di piazza Volta e via Garibaldi.

Ma sui tempi di riapertura non c’è nessuna certezza. E, se dovesse andare in porto l’operazione con Multi, potrebbe non riaprire mai. O meglio, riaprirebbe contestualmente al nuovo quartiere. In caso contrario, paradossalmente, sarebbe più semplice. Il Comune infatti può spendere soldi (per la riasfaltatura) solo per un periodo lungo e investire 200mila euro per la sistemazione dell’area di sosta, porterebbe nelle casse comunali una cifra ben maggiore e sarebbe quindi positiva per i conti.

A questo punto, però, una volta rimessa in moto per la volata (si spera finale) la bonifica dei terreni, il sindaco Mario Lucini deve chiarire in via definitiva cosa ci sarà sopra quei terreni. L’importante è che non si commettano altri errori e che si scelga un’opzione piuttosto che l’altra solo in base alle esigenze vere della città. Non quella di oggi, ma quella dei prossimi anni. Perché quei 41mila metri quadrati sono la più grande area in convalle e davvero possono dare l’impronta alla Como del domani. E, stavolta, non si può più sbagliare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA