Lungolago:la medicina
amara di Cantone

Nella specialissima classifica delle maledizioni comasche la Ticosa è da anni saldamente al primo posto. Ma il predominio rischia di essere messo in discussione dal cantiere del lungolago.

Una maledizione, anche questa come quella che grava sull’area dell’ex tintostamperia, dovuta alle azioni dei politici, magari non proprio quelli che siedono oggi a palazzo Cernezzi, ma poco cambia.

Perché l’intervento dell’autorità Anticorruzione che vuole vederci chiaro sull’esplosione esponenziale dei costi dell’opera è sacrosanto. Anzi, se magari qualcuno si fosse mosso per tempo su questo fronte, forse non saremmo arrivati al lungo stallo e magari neppure a quel muro della vergogna che stava separando la città dal suo lago.

Il rischio però ora è che la medicina di Cantone determini sul paziente degli effetti collaterali devastanti: un altro stop al cantiere che dovrebbe ripartire a maggio e concludersi con il lungolago munito di difese dalle esondazioni è rimesso a nuovo più o meno in coincidenza delle elezioni comunali del 2017.

Meglio chiarire subito che la coincidenza è proprio tale. Non c’è nessun disegno perverso a monte. Anzi, il sindaco Lucini sarebbe ben felice di chiudere prima questa pratica bollente su cui ha scommesso quasi tutto il suo mandato e le eventuali chance di un bis sulla poltrona di primo cittadino.

Alzi la mano chi ricorda qualcosa della campagna elettorale di Lucini che non sia l’impegno a uscire dal guazzabuglio del cantiere delle paratie. Poche mani, eh? Del resto l’attuale sindaco non poteva fare altro. Proprio la gestione dei lavori sul lungolago della precedente amministrazione di centrodestra guidata da Stefano Bruni è stata la ragione per cui i comaschi, per la prima volta dal dopoguerra, hanno voltato le spalle allo schieramento più moderato e premiato la coalizione di centrosinistra, considerata l’unica speranza per un ritorno a un lungolago normale e fruibile. Se si pensa che, quasi tre anni dopo quell’elezione, senza l’intervento degli Amici di Como e del Consorzio Como Turistica non vi sarebbe la possibilità di fare due passi davanti al lago, si può capire come il consenso di Lucini, si stia riducendo nei sondaggi. I comaschi però, stando all’ultima rilevazione, quella del Sole 24 Ore si fidano ancora del loro sindaco: se è vero che il 58% di loro (o perlomeno di chi è stato interpellato ma il campione dovrebbe essere rappresentativo) oggi lo voterebbe ancora. Un consenso più che rassicurante ma legato a triplo filo con il cantiere atavico delle paratie.

E se l’intervento dell’Anticorruzione dovesse determinare un nuovo stop a i lavori con il rischio di giungere al 2017 senza vedere qualcosa di più che concreto, per Lucini (che peraltro avrebbe meno responsabilità del predecessore ma gli elettori non fanno molte analisi sofisticate), potrebbe subire la nemesi di quanto prodotto da lui tre anni fa: un candidato di un altro schieramento che si prende la fiducia dei cittadini, promettendo di risolvere il problema del lungolago una volta per tutte. Ecco perché quella somministrata dal dottor Cantone potrebbe rivelarsi una medicina amara. Non tanto per Lucini, ma anche per la città. Perché qui alla fine vale il motto evergreen di Deng Xiaoping sul colore del gatto e sui roditori da acchiappare. Insomma conta che il grave problema del cantiere davanti al lago sia risolto una volta per tutti e magari il tema centrale della prossima campagna elettorale possa essere un altro.

In caso contrario il primato della maledizione detenuto dalla Ticosa, sarebbe davvero a repentaglio.

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