Qualcuno ha paura
dei negozi in Ticosa

A nessuno sfugge la complessità dell’operazione. Di mezzo c’è la trasformazione della più grande area dismessa della convalle, bisogna fare i conti con i paletti delle leggi regionali e con le alchimie degli atti ereditati dalla precedente amministrazione.

Ma la vicenda di questa nuova grana sull’ex Ticosa sorprende per varie ragioni. La prima, come è possibile che questi ostacoli emergano in tutta la loro evidenza solo ora quando è noto da mesi ciò che Multi, la società che si è a suo tempo aggiudicata la riqualificazione dell’area, ha intenzione di fare? Non solo, il sindaco stesso Mario Lucini, già consigliere di opposizione quando l’operazione è stata malamente impostata, aveva sollevato dubbi e perplessità sull’utilizzo di un termine a dir poco ambiguo come “parco commerciale”, un’espressione sconosciuta alla normativa di riferimento, utile solo alla politica che in questo modo pensava di avere trovato una geniale quadratura autorizzando un centro commerciale sotto mentite spoglie.

Ora le debolezze di quel provvedimento emergono in tutta la loro evidenza ma è possibile che si arrivi a fare chiarezza solo ora e cioè diciotto mesi dopo il cambio al timone dell’amministrazione? Per quale ragione è trascorso tanto tempo nella generale fiducia di essere sulla strada giusta quando il progetto, ancora nella fase delle preliminari delle preliminari, sembra destinato ad arenarsi prima ancora di entrare nella fase operativa?

L’attuale amministrazione, va detto, ha molte attenuanti. Si trova infatti costretta ad operare, senza soldi, in un contesto economico depresso e per di più zavorrata dagli errori del passato. Ciò nondimeno stupisce che, di fronte agli ostacoli della normativa, non ci sia alcuno spazio per la politica, la buona politica s’intende, quella che affronta i problemi, valuta l’interesse generale e decide anche con il rischio di pagare pegno alle prossime elezioni. Su un tema tanto importante per la nostra città non è accettabile che si lasci decidere ai legali. Perché sì, certo, l’operazione va blindata dal punto di vista giuridico per limitare il rischio di ricorsi - e in un Paese come il nostro è utile andare con i piedi di piombo - ma poi deve essere la politica a valutare e decidere. Magari a bocciare il progetto presentato da Multi ma in virtù di una propria analisi e di una propria idea della città del futuro. I comaschi hanno eletto sindaco e consiglieri comunali, non tocca ai consulenti delle due parti mettere la parola fine su questa vicenda.

L’idea del centro commerciale diffuso e del cinema multisala non è ciò che si sognava alcuni anni fa (lo ricordate il piano della Fondazione Ratti?) ma certo aveva in tanti suscitato l’aspettativa di una città in movimento, capace perlomeno di razionalizzare la viabilità del comparto e arricchire i servizi del centro. Può essere già tutto finito in virtù di un inderogabile stop della legge regionale? Non si può credere che sia così e i n ogni caso è ora che Lucini chiarisca ciò che nel breve e nel lungo periodo ha intenzione di fare nell’ex Ticosa. Se aiuta, si riparta da zero, senza gli scheletri lasciati nell’armadio dai predecessori. Ma, a questo punto, dal sindaco serve un segnale in una direzione precisa, quale che sia. Si può anche, per ipotesi, sostenere la tesi che la Ticosa oggi non sia il principale problema di Como (una convinzione che è stata per anni cara ad esempio ad Alberto Botta e che ancora oggi è tutt’altro che isolata) ma si proceda con coraggio. Facendo melina prima o poi una rete si prende sempre.

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