Tassano i veri poveri
per pagare quelli finti

A furia di andare avanti a colpi di demagogia, si finisce per perdere di vista la realtà. E addirittura a innescare effetti boomerang di quelli che ritornano in testa a chi li ha lanciati senza avere cognizione di causa. Sembra la metafora più adatta per la prima legge di bilancio o manovra che sia del governo del cambiamento che, per il momento, ha solo cambiato il ruolo del Parlamento per renderlo del tutto superfluo, forse in ossequio alla profezia formulata dal guru pentastellato Davide Casaleggio.

Il topolino partorito da un Himalaya di promesse è frutto di una serie infinita di mediazioni, prima di tutto tra i due partner di maggioranza, perché un contratto che contiene obiettivi a volte addirittura antitetici è nemico delle priorità, come si è sperimentato proprio nella sessione di bilancio, e poi tra il governo, l’Europa e il Quirinale.

Il risultato non poteva che essere al ribasso rispetto alle roboanti promesse elettorali. Ed è inutile dire che si sarebbe potuto anche risparmiare tempo e valanghe di quattrini sciolte sull’altare dello spread perché non era difficile prevedere tutto questo. Non è colpa dell’attuale maggioranza (salvo in parte di uno dei due partner che alla fine ha governato per più di dieci anni pur con un’altra ragione sociale) se l’Italia resta un paese di sprechi, corruzione e abissale evasione fiscale. Ma un vero governo del cambiamento sarebbe potuto partire da qui: sacrificare il facile per quanto effimero consenso, per varare misure in grado di garantire un futuro migliore ai nostri figli. Forse non sarà ricordato nei libri di storia, ma è stato il socialdemocratico Schröder conscio che le sue draconiane riforme avrebbero dissanguato la Spd a porre le basi per la ripartenza della Germania.

Gli “statisti” di casa nostra, invece, scelgono di guardare solo all’insalata del proprio orticello senza, purtroppo, avere la vocazione del Cincinnato, ben inteso con il tasca un biglietto di sola andata.

Accade allora che nell’ansia di raggranellare risorse che tentino di realizzare le promesse dell’uno come dell’altro partito, si cada in grotteschi e deleteri paradossi come quello dell’aggravio fiscale nei confronti delle associazioni no profit del terzo settore, cioè l’Ires inserita nel frettoloso maxi emendamento che garantirà un tranquillo Natale casalingo a ministri e parlamentari.

Una misura che servirà anche a irrorare lo sciagurato ed esangue, causa la spada di Damocle della procedura di infrazione europea, reddito di cittadinanza, punta di lancia della demagogia a Cinque Stelle. Ora a parte che ad aumentare le tasse erano buoni anche quelli, vituperati, di prima esiste l’aggravante che l’Ires è una sorta di “imposta sull’indigenza e sul disagio”. Cosa fanno d’altro, infatti, in larga parte, i soggetti no profit del terzo settore se non supplire alle carenze e alla magagne dello Stato nelle opere di assistenza? Anziché sostenerle, il governo illuminato e illuminista telecomandato dal Grande Fratello che prende il nome da Rosseau, le tartassa. Per favorire, con il reddito di cittadinanza, dai lo sanno anche i sassi, tanti finti poveri, tali solo perché si guardano bene, impuniti, di portare alla luce i loro guadagni. Un assistenzialismo malato e clientelare che penalizza quello sano e disinteressato. Chapeau o Cambronne se preferite, tanto per restare nei francesismi. E pure la Lega che tenta di barattare questo obbrobrio con l’autonomia di Lombardia e Veneto non ne esce certo adamantina.

Peccato che, ubriachi di demagogia, al governo nessuno si sia reso conto che di fronte ai chiari di luna finanziari dell’Italia e della timida crescita che già stagna, l’unica cosa da fare sarebbe stata quella che è sparita dai radar: la flat tax. Così si sarebbero potuti rilanciare domanda interna e consumi perché purtroppo, una delle leggi inossidabili dell’economia è che per far sì che i soldi siano spesi bisogna metterli in tasca a chi può farlo, cioè ai ricchi. Che, del resto, in ogni caso continuano a starsene al calduccio. Al contrario, purtroppo, di tutti gli altri. Giusto o ingiusto è il capitalismo, bellezza. Il combatterlo con i metodi del governo del cambiamento genera solo disastri sociali.

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