Ticosa: lo specchio
rotto di Como

Che l’ex Ticosa sia maledetta ormai non è più una notizia. Da oltre trent’anni, da quel fatidico giorno in cui l’area dell’ex tintostamperia è diventata di proprietà comunale ne ha combinate più di Carlo in Francia, prendendosi gioco di qualsiasi politico o amministratore a cui frullasse in testa il malsano proposito di ridurla alla ragione. Negli ultimi anni, però, il gioco si è fatto un po’ troppo duro. Perché, diciamola tutta, lungi dal lanciare allarmismi fuori luogo, l’amianto che appare di tanto in tanto in una parte di città popolosa e ai margini di una strada di grande percorrenza con migliaia di automobilisti ogni giorno, non lascia molto tranquilli. Non lascia tranquilli anche dopo aver appreso le tragedie della Eternit di Casale Monferrato, i tanti morti provocati da quel tumore terribile, il mesotelioma, che ti uccide privandoti il respiro. Non sarà il caso della Ticosa, ma qualche certezza in più non guasterebbe, dopo aver più volte udito voci negare addirittura la presenza dell’amianto o annunciare che tutto il materiale tossico era stato rimosso.

In realtà l’intera faccenda della bonifica nell’area sembra essere sfuggita come la giovinezza di chi ha fatto i capelli grigi nell’attesa di una soluzione definitiva in quella porzione di città. E del doman non vi è certezza. Sono passati ormai sette anni dal giorno in cui su muri della città apparvero i famosi manifesti che annunciavano la soluzione dell’eterno problema. Sai quante risate si sarà fatta la Ticosa di fronte a quegli incauti tazebao. Sette anni come i guai portati da uno specchio che va in frantumi. E la Ticosa è lo specchio rotto che riflette una città che non vorremmo più vedere. Come nel ritratto di Dorian Gray che ferma l’immagine della giovinezza, l’ex tintostamperia resta l’emblema della mala amministrazione. Una gigantesca patata sempre in cottura che è riuscita (già è stato sottolineato su queste colonne) a passare di padre in figlio. Da Antonio Spallino, il sindaco che volle l’acquisto pubblico a Lorenzo, attuale assessore all’urbanistica che tenta di vincere quella sfida che i suoi predecessori hanno sempre perso. E non di misura. Perché la Ticosa è un osso duro. E avvelenato. Specie se gli avversari tentano di fare i furbi. Però adesso questo specchio è ora di aggiustarlo. Servirà un sortilegio, una stregoneria amministrativa, un colpo d’ala. Ma è impensabile continuare a vivere queste interminabile stagione dell’area di via Grandi senza certezza. Sugli effetti dell’amianto, come sui tempi e sui modi della bonifica, e sul “che fare?”, una volta ripulito il sopra e il sottosuolo. Multi, la società già scottata dal primo progetto di acquisto e recupero, si è rifatta avanti. Un treno, quello delle buone occasioni, che passa due volte è una rarità. Sarebbe un delitto perderlo ancora. Ma quanto peseranno le incertezze sull’atteggiamento della multinazionale? Un’altra domanda ancora forse senza risposta. Ma questa amministrazione se vuole segnare davvero il cambio di passo e la diversità con il passato, deve riparare lo specchio rotto. Altrimenti, anche i cittadini che le hanno dato fiducia, si ritroveranno ancora di fronte a un’immagine da allontanare alla vista.

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