Addio superbonus: «Ma per i condomini serviva la proroga»

Edilizia Le reazioni allo stop deciso dal ministro Giorgetti. Mauri (Bcc): «Problemi nel caso di cantieri non ultimati». Cna: «Incertezza». Confartigianato: «Spiragli possibili»

Il ministro Giancarlo Giorgetti ha detto “stop”, mettendo una pietra tombale sull’avventura del bonus 110% per le ristrutturazioni che garantivano l’efficientamento energetico degli edifici. Quindi a partire dal 1° gennaio, per i cantieri non terminati, i lavori per ultimare le opere godranno dell’incentivo fiscale al 70%. Significa, per esempio, che nei condomini, dopo le assemblee per l’avvio di lavori che avrebbero dovuto costare zero ai proprietari, in caso di ritardo nel completamento dei cantieri si dovranno invece sostenere dei costi, per quanto parziali.

Cantieri da rifinanziare

«Sono tanti i cantieri non ultimati e che, con il nuovo anno e le nuove disposizioni, dovranno essere rifinanziati per la differenza ed è questo probabilmente il principale problema dello stop al superbonus – osserva Ernesto Mauri, direttore generale Bcc Brianza Laghi – almeno per i condomini si sarebbe dovuto concedere una proroga». Ma non è questo il solo problema che si profila all’orizzonte. La vicenda del superbonus creato e poi ostacolato dal governo in tutti i modi, e sono tanti, che gli sono stati possibili, ha gettato una luce di discredito anche sugli altri incentivi fiscali per il recupero del patrimonio edilizio che pure restano e sono confermati, a partire dal 50% fino al 75% per i lavori di accessibilità.

«Le società di certificazione del credito fiscale svolgono la verifica del credito, per la sua cessione, per conto delle banche – spiega il direttore Mauri – ma proprio queste società sono diventate estremamente scrupolose nella richiesta dei documenti da accertare. Giustamente sono preoccupate dai tanti controlli e ai clienti chiedono spesso di produrre dichiarazioni integrative» in un’involuzione burocratica che, di fatto, paralizza la cessione del credito. «Non c’è più fiducia da parte dei clienti e c’è troppa incertezza. Proprio l’impossibilità di fare la cessione del credito o lo sconto in fattura riduce anche quelle commesse per i bonus inferiori al 110%, come il 50%, che pure ci sono, ma le persone, con questi continui cambiamenti, tendono a non firmare l’avvio dei lavori – aggiunge Pasquale Diodato per Cna del Lario Brianza – il risultato è che mentre ora le imprese corrono per concludere i lavori per fine anno, nel 2024 potrebbero avere meno commesse, con una riduzione drammatica e improvvisa del lavoro. L’occupazione potrebbe risentirne».

Le “case green”

Il mancato rinnovo del 110% quindi trascina con sé anche un calo generalizzato per quei bonus che invece potrebbero sostenere i privati, e quindi l’intero settore dell’edilizia, nei rifacimenti necessari.

Vero è che la direttiva europea sulle “case green” ha allentato i termini e i tempi per raggiungere gli obiettivi di efficientamento energetico degli edifici, ma ugualmente servono incentivi perché, prima o poi, quegli obiettivi vengano raggiunti. «È possibile che nel decreto Milleproroghe sia inserita una possibilità che dia spazio ad alcuni stati di avanzamento lavori. Stiamo lavorando, come associazioni e a livello nazionale, per aprire uno spiraglio, ma di certo non c’è ancora nulla – suggerisce Virgilio Fagioli per Confartigianato Como, che solleva un ulteriore problema – Stiamo anche cercando di evitare che sia aumentata la ritenuta di acconto per le imprese dall’8 all’11% sulle fatture, come è stato ipotizzato dal governo. Con un aumento di tre punti percentuali si toglie ulteriore liquidità alle aziende».

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