Cacicchi e condoni. Ma all’Europa non si pensa

Tra un mese e mezzo si vota per il parlamento europeo che poi dovrà scegliere il governo dell’Unione. Abbiamo una guerra vicino a casa e un’altra poco lontano con il rischio di trovarcene presto una proprio sotto casa, più una serie di altri problemi transnazionali relativi all’economia e non solo. Le scelte politiche del Vecchio Continente ci riguardano più che mai. Eppure nel dibattito politico in Italia si parla d’altro.

Il centrosinistra non è pervenuto perché ha seri problemi di campo, quello largo con Pd, Cinque Stelle e scampoli, che è sempre più minato dopo che Giuseppe Conte ha mandato a carte quarantotto le primarie per il candidato sindaco di Bari, dove peraltro neppure si sa se si faranno le elezioni.

Il motivo, più che mai nobile, riguarda la legalità. Quello reale e certo di sangue molto meno blu, è la tattica per le elezioni europee, appunto, dove si vota ancora con il vecchio proporzionale, non sono previste alleanze prima dell’esito della consultazione e allora, per dirla con Prodi: “Competition is competition” perché i voti si vanno a portar via ai presunti amici e non agli avversari.

Perciò ogni pretesto è buono per far baruffa e pazienza se così magari si regalano Comune e Regioni (c’è anche il caso Piemonte dove Dem e post grillini andranno ognun per sé) al centrodestra. “Primum (soprav)vivere e deinde philosophari” è un motto sempre in voga nella nostra politica. E chiedere a Scheiln, come fa il furbo e camaleontico ex presidente del Consiglio di rinunciare a “capetti” e “cacicchi” nel Pd è una mission impossible perché queste figure, fin dai tempi dei Ds di D’Alema e anche prima fanno parte del Dna del partito.

Il bello è che dall’altra parte si fregano le mani per quello che succede nel centrosinistra.

In particolare, il più attivo nel giubilo è Matteo Salvini che, guarda caso, ha appena sfornato, all’insaputa degli avversari una mini sanitaria edilizia che potrebbe coinvolgere l’80% degli immobili. Una bella mossa in chiave elettorale, specie se solo il 20% dei potenziali votanti proprietari di edifici si sentirà preso in giro per aver agito correttamente e, con ogni probabilità, non voterà per il movimento del Capitano. Le reazioni di Giorgia Meloni (“Non ho letto il provvedimento”, nonostante le partite a Burraco con la compagna di Salvini) e di Antonio Tajani (“No agli ecomostri”), la dicono lunga sull’entusiasmo di fronte alla sortita del partner che, peraltro, alcuni sondaggi danno dietro Forza Italia e ha perciò i suoi motivi per agitarsi.

Ma che c’azzecca l’Europa con cacicchi e condoni? Ah saperlo. Domanda di riserva: i nostri politici hanno qualche interesse nei destini dell’Unione e, in senso lato, di un’Occidente minacciato dalle guerre e dalla sovra produzione in Cina che rischia di mandare in tilt i mercati? Rispondete voi cari lettori elettori. In che modo non si sa. Lo vedremo il 10 giugno, quando saranno noti i risultati delle elezioni per il Parlamento europeo e soprattutto l’affluenza e, stiamo certi, tutti si stracceranno le vesti per la scarsa partecipazione.

Via quindi con le concioni sulla credibilità della politica e delle istituzioni, ma intanto, da una parte come dall’altra, conteranno solo vincitori e vinti. All’Europa si penserà dopo. Ammesso che ci sia ancora.

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