
Visto il carattere non poco fumantino, c’è da immaginare gli improperi che lancerà all’autore di questo pezzo dopo averlo letto. Ma è inevitabile, anche alla luce degli ultimi sviluppi del dibattito cittadino, evidenziare come il principale antagonista del sindaco Rapinese, oggi sulla scena politica comasca, sia Sergio Gaddi: consigliere regionale e coordinatore provinciale di Forza Italia. Un partito che, dopo i rivolgimenti che lo hanno visto perdere la supremazia anche sul nostro territorio, è tornato ad affidarsi alla vecchia guardia, la prima ad aver assunto ruoli di rilievo nell’amministrazione cittadina.
Buona parte di essa era presente martedì scorso al dibattito sul nuovo Sinigaglia, organizzato da Lions e Rotary Club. Un confronto in cui è invece emersa l’assenza dei vertici del principale partito di opposizione, il Pd, che – anche sulla base degli ultimi risultati elettorali – resta la prima forza in città. Peccato, perché i Dem, rappresentati negli interventi dal sindaco di Olgiate Comasco e tifoso del Como, Simone Moretti, e dall’ex assessore comunale di Como, Marcello Iantorno, hanno mostrato – tanto per cambiare – di essere spaccati anche su questo tema.
Più chiare le idee di Gaddi, che ha invitato il primo cittadino a cambiare atteggiamento per evitare il rischio di compromettere l’intervento sul nuovo stadio. Un’opera la cui necessità, pur con differenze su progetto e indirizzi urbanistici, è stata riconosciuta dal 95% dei presenti.
L’affondo sullo stadio segue, a pochi giorni di distanza, un’altra presa di posizione dell’ex assessore alla Cultura – già presidente del consiglio comunale a Palazzo Cernezzi – sulla politica delle contravvenzioni adottata dalla polizia locale (e evidentemente ispirata dal sindaco, che è anche assessore alla Vigilanza urbana), scaturita da una multa trovata da Gaddi sullo scooter parcheggiato in divieto. Una polemica che, con il successivo attacco di Rapinese, ha avuto un’eco anche durante la festa della polizia locale.
In precedenza, non erano mancate scintille sul modus amministrandi di don Lisander Rapinese.
Insomma, mentre tutti i partiti dell’opposizione (cioè tutte le forze politiche, essendo la maggioranza “civica”) riflettono su scenari e candidature da contrapporre a quella del sindaco uscente – deciso a far saltare il banco già dal primo turno – quella di Gaddi, per esperienza, competenza sui temi cittadini e visione del futuro, oltre che per saldezza di carattere (requisito essenziale per chiunque voglia cimentarsi in un confronto con Rapinese), appare una scelta quasi inevitabile per il centrodestra.
Ci sono, però, alcune controindicazioni. La prima – e meno rilevante – riguarda il gradimento della persona da parte dell’intera coalizione. Si ha infatti l’impressione che il consigliere regionale goda di maggior credito in certi ambienti del centrosinistra rispetto ad alcuni suoi alleati (e la storia delle elezioni a Como lo dimostra). Ma l’obiezione principale è un’altra: il suo essere, in fondo, il principale avversario di sé stesso. L’idea di fare il sindaco della propria città lo stuzzicherebbe, ma, diciamo così, a fine carriera, sul modello di Felice Bernasconi, ultimo democristiano a Palazzo Cernezzi, candidato dopo un’esperienza in consiglio regionale.
Al momento, tuttavia, tra i “petali” della rosa che il centrodestra (e non solo) continua a sfogliare, non sembra emergere un candidato più adatto per affrontare la difficile sfida con Rapinese. E il tempo comincia a stringere. Certo, si voterà nel 2027. Ma buttare in campo un nome all’ultimo momento significherebbe consegnarlo al massacro. Chissà se, alla fine, Gaddi deciderà di non restare insensibile di fronte al grido di dolore che, da tante parti della politica comasca, si leva verso di lui.
E poi, diciamolo, in una campagna elettorale con questi due non ci annoieremmo di certo.
@angelini_f
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