Como: vieni, c’è
una Ticosa nel bosco

E la Ticosa? Ok passate a pagina 2 ci fossero pure gli Stati generali di Conte argomento eccitante come un posacenere ricolmo di cicche. Sempre meglio dell’ex tintostamperia con la città intorno abbandonata a se stessa in attesa forse di un altro inesorabile quanto improbabile destino: quello di ospitare il municipio e gli altri uffici comunali. A proposito che fine ha fatto il progetto fiore all’occhiello della giunta comasca? Si badi bene che qui l’espressione “fiore all’occhiello” è usata, come capita di rado, nella sua reale accezione: perché cos’è se non un futile e perciò non utile orprello decorativo?

Nell’attesa di saperne di più: è successo qualcosa degno della barba e della noia degli idimenticabili skhtch di Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. La Ticosa che di solito la barba la fa venire ai comaschi, complice il lockdown, le altre priorità, il Municipio in “sonno”, l’onor del mento se l’è fatto crescere. Provate a passare da quelle parti: là dove c’era una città produttiva fino agli anni ’80 del secolo scorso con capannoni, macchinari, dirigenti, tecnici e maestranze, ora c’è l’erba. Ma tanta erba, vegetazione spontanea forse l’unica cosa degna di questo attributo cresciuta lì negli ultimi quasi 40 anni: un bosco spuntato poco a poco e fertilizzato dall’incuria e dall’abbandono. Uno spettacolo della natura che, poi con quello che c’era nel sottosuolo, fa anche un po’ paura. In mezzo alla foresta, il laghetto dove galleggiano caricature venute male di ninfea. Quale messaggio ci manda la Ticosa? Perché in questi decenni ha sempre parlato, a suo modo, utilizzando spesso a proprio vantaggio anche gli altri, dai politici che si sono avventurati nella vana ricerca di un bandolo della matassa quasi più introvabile del Sacro Graal, ai tanti disperati che hanno trovato rifugio nei resti anche dopo l’intervento delle ruspe comandate dall’allora sindaco Stefano Bruni, un altro che, dopo aver annunciato a colpi di manifesti di aver sconfitto il mostro, ha pestato il muso di brutto. Forse l’ex tintostamperia ci sta mostrando quello che vorrebbe come suo vero volto: certo un po’ più curato di com’è ora. Tutte le barbe più sono lunghe più richiedono manutenzione. Insomma, alla fine dell’infinita fiera, se ci facessimo un bel parco lì dentro, comprensivo nel caso del parcheggio ammesso che potrebbe diventare ancora più indispensabile dopo una necessaria revisione del sistema di mobilità cittadino alla luce della fase post Covid e di tutte le nuove esigenze?

Certo è un’idea ardita, alternativa, poco speculativa su un’area che ha attirato appetiti, sempre rimasti inappagati, più che una gigantesca calamita posta nei pressi di un giacimento ferroso. Ma anche questa può rappresentare una ragione a favore di una soluzione peraltro del tutto aderente a quanto ci aspetta dopo la pademia che ha sconvolto e cambiato tutte le nostre vite. Le città saranno chiamate a essere sempre più “green”, in termini di mobilità ma anche di fruibilità. Un parco urbano in Ticosa, unito a quello del San Martino, altro dossier a cui sarebbe opportuno levare la polvere, potrebbe soddisfare l’esigenza di Como. Magari si potrebbe pensare a funzioni diversificate e complementari per i due polmoni verdi non lontani dal centro della città.

E non va comunque dimenticato, ce lo insegna la storia urbanistica degli ultimi decenni, che una soluzione razionale e definitiva, ammesso e non concesso che sia ancora possibile attuarla, dell’asse San Rocco-San Rocchetto, rimasto incompiuto con la dismissione di tante attività e l’ingresso in gran parte casuale di altre, può solo prendere le mosse dalla sistemazione, una volta per tutte, dell’area ex Ticosa. L’ipotesi del parco urbano, anche dal punto di vista della tempistica, potrebbe essere presa in considerazione. Si tratta comunque di un tassello fondamentale di una città che va ripensata e in fretta. Perché ciò che potrà ancora accadere non nei prossimi anni, ma addirittura nei mesi da cui a venire, sul versante sanitario, economico e sociale non si riesce a prevedere. E sarebbe opportuno farsi trovare pronti a ogni evenienza. L’ipotesi Ticosa è solo un sasso lanciato nel laghetto con le caricature delle ninfee. Capiremo presto se qualcuno si accorgerà dei cerchi prodotti nell’acqua o li lascerà spegnere. Purtroppo con il rischio che la stessa sorte tocchi alla città. Vieni, c’è una Ticosa nel bosco.

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