Finanziaria, il solito giochino senza verità

Avete voluto un governo del Pd? E adesso ve lo tenete. E cercate di non dire che non lo sapevate, che avevate capito male, che non li conoscevate, perché quando uno vota la sinistra, poi non può lamentarsi se si becca una Finanziaria del genere.

Se avesse vinto il centrodestra e se al governo fosse andata - facciamo un’ipotesi di scuola - Giorgia Meloni non avremmo mai assistito a questo scempio. Ad esempio, nessun governo di centrodestra avrebbe mai neanche lontanamente pensato di tassare la casa, centro vitale, base culturale, pietra d’angolo del pensiero liberale e conservatore che vede nella proprietà privata, e in particolare in quella immobiliare, il caposaldo della sua idea di società. E infatti, l’aumento della cedolare sugli affitti brevi è una misura che solo la sinistra poteva prendere perché si sa che quelli odiano la proprietà, odiano la casa, odiano la famiglia.

E non parliamo della stangata sulle pensioni, dell’allungamento dell’età, della Quota 103 - che difatti è ancora Quota 104 - e delle penalità per chi esce prima, che rendono questa riforma ancora più dura della legge Fornero. Che invece sarebbe stata immediatamente abolita se le elezioni le avesse vinte la destra. E solo gli eredi di Giuliano Amato (quello del famigerato prelievo del sei per mille del ‘92) potevano tentare di far entrare il Fisco nei nostri conti correnti e procedere al pignoramento diretto. E solo un governo di Rifondazione comunista avrebbe provato a far passare un provvedimento ultra demagogico e anti mercato come la tassazione degli extraprofitti delle banche. Per non parlare degli sbarchi dei clandestini, che ora che governano i buonisti del Pd sono raddoppiati rispetto all’anno scorso e triplicati rispetto a due anni fa.

Ora, uscendo dal paradosso, dall’iperbole e dall’ironia, che i lettori più avvertiti non avranno fatto fatica a cogliere - per quelli meno attenti che poi vanno a sbraitare sui social magari proporremo una versione con poco testo e tante figure - l’aspetto grottesco, ma anche desolante di questa Finanziaria, ancora tutta da riscrivere, checché ne dicano i borborigmi dei nostri eroi, è una conferma tombale non tanto di quello che è il governo di centrodestra oggi o di quello che era il governo dei tecnici ieri o di quello che era il governo di centrosinistra l’altro ieri. Ma di quello che siamo noi. Di quello che è questo paese. Di quello che è l’Italia. La solita Italia. La solita Italietta da quattro soldi, dove prima delle elezioni ci si infiamma, si ulula, si promettono mari e monti e poi - che vincano gli uni o gli altri: chiaro? - quando si presenta la realtà, quando arriva la resa dei conti, quando bisogna prendere delle decisioni amare invece di chiacchierare e fare i fenomeni su Twitter, ci si trasforma tutti quanti in Mariano Rumor, vera metafora della Nazione.

Fallimento culturale dell’attuale governo che ha spinto addirittura un giornale ultras della destra come “La Verità” a dare con un editoriale di Maurizio Belpietro - che è un direttore preparato oltre che una persona seria - un giudizio molto negativo su una manovra che dimentica completamente il ceto medio. Esattamente come quelle dei governi di sinistra. Perché, alla fine, è sempre il ceto medio che prende gli schiaffi da una parte e dall’altra.

Non c’è nessuna riforma epocale, non c’è alcun cambio di passo, non c’è alcuna rivoluzione copernicana. Anche stavolta si finisce sempre e comunque a mettere insieme la solita manovrina fatta di tasse sparse, di tagli lineari, sigarette, bolli, casa, pensioni, debito, deroghe, aiutini, mance e via andare con l’obietto di dare il solito calcio alla lattina per spostarla di qualche metro e poi si vedrà. Perché poi mica comandano questi. Questi parlano e straparlano, poi postano e instagrammizzano, questi non fanno i politici, questi fanno gli influencer, ma poi comandano sempre i soliti, quelli che non si vedono e che non passano mai. E poi comandano le solite corporazioni e i tassisti e i balneari e i contanti e le categorie protette e il familismo amorale e la cooptazione amicale e il Cencelli universale e le aziende sovvenzionate e il cerchio magico e gli amici degli amici e non c’è mai mercato, non c’è mai concorrenza, non c’è mai merito.

E infatti, alla fine, cosa succede? Che tutte le manovre sono uguali, spostano uno zero virgola di qui oppure uno zero virgola di là, alla demagogia del Superbonus si oppone la demagogia di Quota 100, alle balle sulla lotta all’evasione fiscale - che nessuno farà mai perché il primo che la facesse come si deve, all’americana, perderebbe le elezioni per sempre - si oppongono le balle sulle politiche per la natalità, che non crescerà mai più, perché è il nostro modello culturale che non prevede i figli. E che quindi renderà obbligatorio far entrar sempre più immigrati regolari a cui dare un lavoro e a cui far versare i contributi, altrimenti falliscono Inps e Sanità. Ma vai a dirlo ai nostri statisti.

Ci vorrebbe il linguaggio della verità. O almeno dell’onestà. Ad esempio, che nessun governo si può permettere di questionare sull’appartenenza all’Europa e all’euro perché altrimenti dopo due giorni porta i libri in tribunale, checché ne dicano i demagoghi da strapazzo che infestano i talk show, e che nessun governo può permettersi di uscire dal perimetro dell’occidente e della Nato, perché altrimenti dopo due giorni diventiamo come la Colombia o la Nigeria, checché ne dicano i demagoghi da strapazzo di cui sopra. E che è quello che ha saggiamente fatto la Meloni fino a oggi, anche per evitare un rapido ritorno alla Garbatella.

Ma il linguaggio della verità non interessa a nessuno. Vogliamo tutti cullarci e coccolarci nell’illusione che ci pensi sempre Pantalone, lo Stellone, lo zio d’America a tirarci fuori dai guai, perché è sempre colpa di quelli che c’erano prima, è sempre colpa dei fascisti, è sempre colpa dei comunisti. Soprattutto, è sempre colpa di qualcun altro, in questo paese di Pulcinella.

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