Gentilini e la cultura
che manca a Como

Winston Churchill ha poi smentito di averla mai pronunciata. Ma la battuta politicamente scorretta e riferita al suo rivale laburista - “Un taxi vuoto si è fermato davanti al n. 10 di Downing Street, e ne è sceso Attlee” – gli è rimasta appiccicata. Si potrebbe rispolverare e aggiornare per raccontare come un altro taxi vuoto, partito da palazzo Cernezzi, si è fermato davanti al museo del Ghisallo e ne è scesa Carola Gentilini, che sarebbe quasi arduo definire “ex assessore” alla Cultura del Comune di Como. Il dubbio, infatti, è se la signora si sia mai davvero insediata. I risultati (?!) ottenuti farebbero davvero propendere per il contrario.

E a proposito di citazioni, che in un editoriale sul tema della cultura sono come la ciliegina sulla torta, superflua ma decorativa, si potrebbe ripescare anche quella di Palmiro Togliatti che stroncò con sferzante ironia l’addio al Pci di un intellettuale con un “Vittorini se n’è ghiuto e soli ci ha lasciato”. Carola, il cui cognome fa anche rima con quello del fondatore della rivista “Il Politecnico” non ci farà soffrire di solitudine, perlomeno non più di quanto ne fosse afflitto il mondo culturale comasco quando è arrivata. Certo, non tutte le colpe sono della lady voluta da Alessandro Fermi, dominus di Forza Italia sul Lario, al posto di un’altra sua pupilla, quella Simona Rossotti, dall’accento simile all’ omonima e conterranea piemontese Ventura (e ridagli con le citazioni dotte...), impagabile nel vestire il nulla di lustrini e paillettes. Almeno lei un colpo di pedale l’aveva dato, nel portare a Como l’arrivo di una tappa del Giro d’Italia, che peraltro ha poi seguito per ritornarsene nelle sue lande, dove, a dispetto del proverbio è certo più profeta che qui.

Le responsabilità del deserto culturale che ha lentamente avvolto Como, si diceva, non sono certo tutte ascrivibili all’assessora Gentilini dimissionata. Perché transitare negli uffici del Comune, di questi tempi, somiglia più a una perigliosa camminata su un traballante ponte tibetano che non a una passeggiata di salute. La faccia, però, alla fine ce la mette l’assessore, e la faccia, come insegna la legge Pettignano, è importante per qualunque politico, fosse anche un amministratore di un Comune capoluogo di provincia. E immaginatevi l’espressione di noi comaschi, che nei confronti dei “cugini” lecchesi abbiamo sempre installato un birignao di superiorità, figuriamoci in ambito culturale, di fronte alla realtà per cui, in tema di eventi, ci stanno innaffiando il naso con l’acqua dell’altro ramo del lago di Como (sottolineato). Certo, facile vincere il derby contro una squadra che non segna anche perché non tira mai in porta, ma sulla cultura la sfida dell’estate rischia di chiudersi in goleada, salvo complicati recuperi della terza signora che si siederà su una poltrona che scotta anche d’inverno: Livia Cioffi, a cui vanno tutti gli auguri possibili e immaginabili.

Del resto, nell’affollata hit parade degli assessori rimpianti gli ex della cultura delle precedenti amministrazioni, a prescindere dal colore politico, occupano stabilmente i primi posti. Ah, quanto sospirar al ricordo delle mostre d’arte “Brigitte Bardot, Bardot; Brigitte Peugeot, Peugeot” di Sergio Gaddi con incursioni notturne di Sgarbi, che nostalgia neppure canaglia delle ponderose rassegne ispirate all’ostico razionalismo messe lì dal parco Luigi Cavadini che rinunciava anche ai fuochi d’artificio inaugurali per non farsi notare troppo. E pensare quante ne hanno cacciate anche a loro. Chi andava a pensare al piano inclinato su cui è stata indirizzata la cultura. Per fortuna non siamo una città turistica che ha bisogno anche di eventi per far risaltare di più la sua straordinaria bellezza che, grazie al cielo, non è in gestione ad alcun assessorato. Dite che in realtà qui c’è una città turistica che tenta di riemergere con fatica dal tragico lockdown per Covid? Beh, ricordatelo anche a palazzo Cernezzi. Qualcuno si faccia un nodo al fazzoletto se serve, oppure, anzi meglio sciolga quel nodo di incompetenza, inefficienza e inadeguatezza con cui hanno legato una Como che sta soffocando. Perché cultura non è solo ciò che porta mostre ed eventi ma anche è soprattutto cultura alta di governo. Quella che in questa città negli ultimi anni è sempre mancata.

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