Il Comune che getta
la spugna senza dignità

Avete presente la canzone di Fabrizio De Andrè ambientata nel carcere di Poggioreale e dedicata al boss della camorra Raffaele Cutolo? C’è un passaggio che recita: “e lo Stato che fa”?

“Si costerna, s’indigna, s’impegna. Poi getta la spugna con gran dignità”. Sostituite le parole “lo Stato” con “Il Comune” e da Napoli siete arrivati a Como. Quante volte, soprattutto nella vicenda del dormitorio per i senzatetto ma non solo, abbiamo assistito a “costernazione, indignazione e impegni”? Sì perché questi ultimi, in relazione alla necessità di individuare una struttura pubblica che, anche per il decoro della città, consenta di togliere dalla strada e principalmente dal portico dell’ex chiesa di San Francesco le persone che non hanno una casa, sarebbero anche stati presi. E nella sede decisionale (ah ah!) del Consiglio comunale con un voto trasversale che impegna anche parte della maggioranza è stato votato un documento, dopo le costernazioni, le indignazioni anch’esse multidirezionali. E poi? È passato un anno e la spugna è ancora lì nel secchio. Sulla dignità però ci sarebbe da disquisire.

Perché quello della gente, straniera ma anche italiana come riportato da questo giornale, attraverso le testimoniane di coloro che fino a lunedì scorso potevano rifugiarsi nel dormitorio allestito dalla Caritas diocesana e ora sono costretti a bivaccare all’addiaccio, è un problema di dignità di una città che sembra averla perduta assieme alla decenza.

Anzi, sarebbe ingeneroso associare tutti i comaschi a questa vergogna che sta per intero in un’amministrazione comunale che, all’interesse collettivo subordina quello di parte, magari ben rappresentata, ma minoritaria nella collettività. Quel movimento politico, la Lega naturalmente, per cui la presenza di disperati, la possibilità di ostentarli, farli vedere rappresenta quasi una ragione sociale. Il dito indicato in maniera perenne invece della luna. Però la forza politica di Salvini è solo una parte del problema. E in fondo fa solo ciò che, giusto o sbagliato che sia, rappresenta il suo core business: il rifiuto dell’immigrazione nel nostro paese governata da queste regole che però, a quanto pare neppure il suo leader in un anno trascorso al ministero dell’Interno, ha saputo modificare più di tanto. No? Sì, altrimenti la situazione non sarebbe quella per cui occorre un dormitorio perché esistono persone che magari circolano da noi senza averne pieno diritto. Insomma siamo al Carroccio che si morde la coda: non riesce a risolvere la questione, peraltro di una complessità epocale, ci mancherebbe e che impegnerà più generazioni con questo andazzo della politica qui non comunale e neppure nazionale ma mondiale, e allora segnala il problema per guadagnare facili consensi.

Va bene ma gli altri? Ok, ormai la Lega è diventata, al di là dei numeri effettivi ma con la forza di una coesione politica, di una linea comunque chiara e di una disciplina finora ferrea, l’azionista di riferimento del sindaco Landriscina e della giunta. Che il primo cittadino di fronte alla soluzione di problemi scottanti tenda a fare orecchie da mercante ormai lo hanno capito tutti. Come hanno compreso che certo questo nuovo mestiere lo appassiona meno di quelli fatti in passato e magari in futuro. Però i conti non tornano. Perché anche Forza Italia e Fratelli d’Italia, gli altri partner dell’alleanza di centrodestra che governa Como, avrebbero i numeri e la possibilità di far ballare il sindaco sulla corda e pretendere il rispetto degli impegni assunti dal Consiglio comunale. Altrimenti si dovrebbe avere la dignità (e ridagli) di prendere atto del fallimento di un progetto politico e presentarsi a salutare a centrocampo per restituire ai cittadini la possibilità di scegliere la guida di Como.

Il politico che per qualità, esperienza e relazioni si può definire il più importante di Como, Alessio Butti, non le ha mandate a dire al sindaco, di cui peraltro non è stato mai un grande estimatore. Ma poi? E soprattutto prima, nell’anno trascorso dal voto in Consiglio a oggi, cosa è stato fatto per arrivare a una soluzione? Certo, gli alibi non mancherebbero. Su tutti quello di sacrificare qualche poltroncina in nome della solidarietà ai disperati che magari neppure votano. Ma dai. Allora perché indignarsi? Perché è una reazione alla De Andrè nel suo “Don Raffaele”. Vogliamo parlare di Forza Italia che dal giorno dell’insediamento della giunta a palazzo Cernezzi ha vissuto con un mal di pancia cronico, strepitando e subendo, eppure fa come il coro dell’Aida “Partiam, partiam”, ma son sempre lì?

Insomma tutto lascia pensare che anche questa volta andrà come deve andare. Con una serena pennicchella della politica sul dormitorio. Del resto si sa cosa scaturisce dal sonno della ragione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA