Il partito che non c’è
di Fedez e Ferragni

Magari non sempre tutto si tiene, ma qualcosa sì. Sarà un caso che la sparata di Fedez contro Lega e Rai sulla proposta di legge Zan, arrivi poco tempo dopo l’ingresso della sua consorte, Chiara Ferragni, nel Cda di Tod’s, genialata di Diego Della Valle per intercettare e anche indirizzare i gusti calzaturieri dei giovani?

Antonio Polito, su Corriere, l’ha buttata lì. Se l’intervento di Fedez al concertone del Primo Maggio preludesse a un impegno politico della “ditta”, questa sì davvero nel senso di azienda, di famiglia? In fondo, si sottolinea nell’editoriale, abbiamo avuto un imprenditore nel campo delle telecomunicazioni e un comico capaci, nel giro di poco tempo, di fondare un partito e vincere le elezioni. Ai più attenti in materia non è sfuggito neppure l’accentuato attivismo social della signora Fedez per difendere e sostenere il consorte dopo la prevedibile bufera che lo ha investito. D’altra parte con i temi toccati dal cantautore: i diritti civili e la Rai partitocratizzata ce n’è per quasi una legislatura.

Il tutto in una fase post politica che permane nonostante il tentativo di alcuni partiti, in testa la Lega e il Pd che ha in mente Enrico Letta, di riorganizzarsi in forme quasi tradizionali. E non è detto che, al di là della permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi, sia ancora l’economia a mantenere quel primato conquistato con la dissoluzione del sistema che aveva tenuto in piedi la prima Repubblica. L’egemonia crescente del digitale nella società di oggi potrebbe davvero rivoluzionare ancora una volta le cose.

In fondo, se Berlusconi aveva colto il valore della televisione come mezzo di cattura di consenso e Grillo e Casaleggio quello della Rete, adesso sono i social a fare la parte del leone. Non a caso Matteo Salvini, uno che pure con la sua “Bestia” maneggia bene la materia, si è ben guardato dall’andare al frontale con Fedez. Significa rispetto e timore dell’avversario. In fondo la vecchia massima di Mcluhan per cui il medium è il messaggio, con la quale si sono dovuti confrontare tutti gli studenti di sociologia, vale anche in epoca digitale.

Il rapper comiziante sul palco del concertone conta circa 15 milioni di follower, un numero sufficiente a sbancare qualsiasi competizione elettorale. Chiaro che non tutti voteranno: molti non hanno l’età, anche se bisogna ricordare la proposta di Enrico Letta di abbassarla a 16 anni. Ma il ragazzo è in grado, come si è visto anche con il blitz della Festa del lavoro, di veicolare molto bene un messaggio, sia pure rudimentale come usa, però, con successo, nella comunicazione politica. Insomma, dopo le sardine che, nonostante il pesante freno della pandemia, cercano di riproporre in una veste nuova forme di aggregazione tradizionale, potrebbe stagliarsi all’orizzonte qualcosa che porti il nome Federico Lucia detto Fedez su una scheda elettorale.

Non si dica che a sinistra qualcuno non ci stia già pensando alla luce degli accadimenti di questi giorni. Anche perché il centrodestra, al di là della competizione interna tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni e del ritiro che appare ormai definitivo dalle scene di Silvio Berlusconi, in condizioni di salute molto precarie, continua a mantenere un vantaggio più che rassicurante nei sondaggi. E dato che l’osmosi di consensi rimane circoscritta nel recinto della coalizione, dall’altra parte, anche considerata la crisi dei Cinque Stelle, non resta che gettare l’amo nel mare sempre più magnum del non voto, di cui certo fanno parte quelle fasce giovanili a cui anche i pur moderni modelli politici appaiono estranei.

Per questo si potrebbe azzardare un “mai dire mai” di fronte alla prospettiva di una discesa in campo della premiata ditta Fedez-Ferragni, due che innanzitutto i loro calcoli li sanno fare molto bene. E si sa che in politica, anche fare i conti giusti è molto importante, anche se al momento è solo fantapolitica.

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