Il rischio di un voto per pochi intimi

Lo spauracchio è sempre lo stesso, ogni volta di più: l’astensione. Che negli ultimi tempi non risparmia neppure le elezioni considerate maggiormente sentite dai cittadini: quelle per la scelta del sindaco. Il problema riguarda in particolare il ballottaggio: gli ultimi due primi cittadini di Como, Mario Lucini e Mario Landriscina, sono stati scelti da una netta minoranza di elettori. Ma anche al primo turno la percentuale continua a calare. Non aiuterà il fatto che si vota in una sola giornata e neppure che la gente forse è distratta da altre preoccupazioni: il carovita determinato dalla guerra in Ucraina che è a sua volta un elemento di allarme e paura. Insomma si rischia che i quindici sindaci e consigli comunali che oggi saranno scelti, abbiano una legittimazione non del tutto piena.

Un problema, quello della disaffezione alle urne, che si pone ogni volta che ci si trova davanti alle percentuali di affluenza, salvo poi finire nel dimenticatoio il giorno dopo. Tanto, per i politici conta conquistare il cadreghino e pazienza se ad assegnarglielo sono pochi intimi. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando ancora non era stato introdotto il suffragio universale e il voto anziché un diritto era un privilegio da cui erano esclusi le donne e i meno abbienti. Per arrivare a concederlo a tutti ci sono state lotte dure, ora vanificate dalla crisi della democrazia rappresentativa. Chissà quando la politica tornerà a essere credibile e ad attrarre ancora i cittadini ai seggi. E soprattutto chissà se la politica potrà tornare com’era una volta, quando si registravano, specie nelle consultazioni per i Comuni, percentuali di partecipazione quasi plebiscitarie.

Ai cittadini di Como, Erba e degli altri tredici centri in cui si sceglieranno sindaci e consigli comunali si può solo consigliare di guardare alla credibilità dei candidati oltre che alla loro preparazione sui problemi delle città, svelata nei tanti confronti diretti di campagna elettorale. Essere credibili significa anche mantenere la volontà di rispettare gli impegni presi: non è poco. Valutino gli elettori: l’offerta, almeno nel capoluogo, è ampia. Meno nella città brianzola. La curiosità è che nei principali Comuni chiamati al voto, Como e Erba appunto, non si ripresentano i sindaci uscenti, Mario Landriscina e Veronica Airoldi, pure reduci di un solo mandato. Di solito la chance del secondo si offre a tutti o viene chiesta dagli interessati. Qui è andata in un altro modo, per motivazioni differenti. In altri centri ci sono degli autentici veterani dell’amministrazione: su tutti, a San Fermo, Pierluigi Mascetti e, a Beregazzo, Luigi Abati. Saranno Maurizio Falsone e Salvatore Foglia a tentare di sbarrare loro la strada verso l’ennesimo giro.

Una buona notizia per chi vincerà riguarda gli emolumenti. Finalmente sono stati aumentati e adeguati alle più che pesanti responsabilità che un primo cittadino, anche di un piccolo paese, deve gestire. Questo però non sembra aver contribuito più di tanto alla partecipazione: nel capoluogo, rispetto a cinque anni fa, c’è solo un candidato in più. A Erba i contendenti si sono addirittura dimezzati: da sei a tre. Negli altri centri, meno popolosi, solo Guanzate presenta una sfida a tre. Sintomi di una crisi che, a quanto pare, non coinvolge solo l’elettorato ma anche la voglia di mettersi in gioco. Non è un bel segnale e anche questo rimarrà ignorato.

Ancora peggio capiterà con i cinque referendum sulla giustizia per cui si voterà in tutti i Comuni della provincia. Anche questo, al di là della complessità dei quesiti che saranno proposti oggi agli elettori, è un istituto in profonda crisi se si pensa che il quorum del 50% più 1 dei votanti è stato raggiunto l’ultima volta nell’ormai lontano 1995. Solo un miracolo potrebbe far sì che oggi la cosa si ripeta.

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