La destra italiana
tra realismo e svolta

Ai tempi della mitica “canottiera” ostentata come simbolo proletario, Umberto Bossi si recò a villa Certosa per rompere con il Cavaliere. Matteo Salvini, con i calzoncini è invece approdato in Sardegna per realizzare quella federazione del centrodestra che piace a Berlusconi a lui, molto meno a Giorgia Meloni. Il progetto appare come una sorta di ineluttabile professione di realismo di fronte alla realtà di Draghi.

I piani iniziali che prevedevano la conquista di palazzo Chigi nel 2023 da parte del leader più votato sono stati accantonati perché ormai tutti hanno capito che la prospettiva politica del paese prevede l’ex numero della Bce alla guida del governo fino a quando lui stesso riterrà necessaria questa eventualità.

I voti non sono un problema. A parte che, con la popolarità acquisita dal giorno in cui ha ricevuto da Giuseppe Conte la campanella, Draghi non farebbe alcuna fatica ad approdare in Parlamento, il premier possiede i consensi che “pesano”: quelli dell’Europa che, dopo aver staccato il primo assegno del Pnnr vuole un’Italia stabile, credibile e in grado di spendere al meglio queste risorse cruciali. Le caselle che dovranno incastrarsi nei prossimi mesi, sono con ogni probabilità, quelle di un mandato bis e non a termine per Sergio Mattarella, e di un nuovo governo Draghi la cui maggioranza dipenderà dall’esito delle elezioni politiche del 2023.

Ecco perché il centrodestra, forte anche delle contraddizioni che arrivano dal fronte opposto. con Pd e Cinque Stelle che non riescono proprio ad andare d’accordo, si propone, almeno attraverso Lega e Forza Italia, come sostegno solido, compatto e credibile del presidente del Consiglio e del suo governo. Una mossa, quella di Matteo Salvini che certo non può dispiacere a Giorgetti e che, con ogni probabilità rinsalderà le due “anime” del Carroccio. E una scelta, quella dell’ancoraggio con Forza Italia e il Cavaliere che consentirà al Capitano leghista di ricevere il lasciapassare per i salotti buoni di Bruxelles. Forza Italia, infatti, fa parte del Partito popolare europeo e, di fatto, con la federazione porterà dentro anche la Lega. Una strategia, quella di Berlusconi e Salvini che mette alle strette Giorga Meloni e Fratelli d’Italia, un’insidia non da poco, stando ai sondaggi per il numero uno della Lega e per le sue ambizioni egemoniche all’interno dell’alleanza. A questo punto la giovane leader dovrà scegliere se intrupparsi nella federazione come auspica il Cavaliere e un po’ meno l’altro alleato o rimanere sola a brandire il vessillo dell’opposizione: una posizione che, alla lunga, rischia di essere logorante.

Il cantiere che si è aperto nella destra potrebbe anche rendere questo spicchio della politica italiana, finora prigioniero di assurde nostalgie e atteggiamenti macchiettistici, credibile, autorevole e affidabile. Sarebbe un’eredità politica importante lasciata da Silvio Berlusconi che finalmente può fare politica senza preoccuparsi dei propri interessi personali e aziendali. Una decisione che, come accadde ai tempi del Pd e della conseguente nascita del PdL, un esperimento non riuscito anche per le ragioni di cui si fa cenno sopra a proposito del Cavaliere, potrebbe riflettersi anche nel campo opposto, dove sia il Pd sia, soprattutto i Cinque Stelle, devono scegliere cosa vogliono fare da grandi.

Ma poiché le idee viaggiano sulle gambe e soprattutto con le teste delle persone, bisognerà stare a vedere.

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