La foto di Salvini e quella di Moro

La staffetta tra un 2025 davvero dimenticabile e un 2026 di speranze e timori induce a un viaggio del tempo. Attraverso due immagini di personaggi politici che dicono parecchie cose. La prima è quella pubblicata sui social dal vicepresidente del Consiglio, ministro per le Infrastrutture e segretario della Lega, Matteo Salvini. Lo ritrae con indosso un maglione a tema natalizio milanista e in mano una riproduzione in miniatura del Ponte sullo Stretto realizzata con la cartapesta da sua figlia. Complimenti a lei che è riuscita a completare il lavoro. Sul fatto che ce la faccia il genitore ci sono parecchi dubbi. Ma non è questo il punto.

L’altra foto arriva dal passato, anno 1961 e dall’estate. Immortala il più volte presidente del Consiglio, ministro e segretario di quello che per più di quarant’anni è stato il principale partito italiano: la Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Lo statista è in spiaggia a Terracina assieme alla figlia e su una sedia a sdraio. Indossa un abito di ottimo taglio con giacca e cravatta, grigio. Il messaggio che trasmette è che un importante personaggio della politica e dello Stato, quale senza dubbio è stato Moro, non può rinunciare al decoro quando si mostra in pubblico.

Non è che Salvini nella foto sia indecoroso. Ma tutto sembra di vedere in quella immagine salvo che un servitore dello Stato. Certo, all’epoca di Moro non c’erano i social. La comunicazione viaggiava in prevalenza sui giornali di carta che avevano l’obbligo della sobrietà (per il resto c’erano i rotocalchi), alla radio solo nazionale e nell’ingessata televisione monopolizzata dalla Rai. Era anche un’Italia più serena quella della breve vacanza di Moro al mare. Il boom economico aveva lasciato alle spalle le miserie del dopoguerra, la crescita del Paese era pari quasi a quella della Cina di qualche anno fa, si respirava un clima di fiducia e ottimismo. E la pace mondiale, che sarebbe certo stata messa a repentaglio pochi mesi dopo con la crisi di Cuba, era comunque garantita (paradosso che abbiamo scoperto dopo) dagli equilibri della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Oggi l’Italia cresce al passo di una chiocciola, le famiglie sono alle prese con crescenti povertà e insicurezza, le guerre sono diffuse in buona parte del mondo e una alle porte dell’Europa. Le due superpotenze Usa e Urss, a cui si è aggiunta la Cina, più che fronteggiarsi stanno ballando una sorta di minuetto diplomatico al centro del quale non c’è più la sicurezza mondiale, bensì il business. Visto il quadro forse, Moro e Salvini avrebbero potuto scambiarsi le “mise”. Quella non a caso definibile “ministeriale” del leader democristiano si adatta meglio alla cupezza odierna, così come il maglione sgargiante del capo leghista darebbe un senso della spensieratezza degli anni ’60. In quanto al modellino del Ponte sullo Stretto non stonerebbe. Già all’epoca se ne parlava.

La riflessione si potrebbe chiudere sul paragone tra la qualità dei politici di allora e di oggi. Un discorso che vale un po’ per tutti gli ambiti del vivere umano. Pensiamo al cinema italiano: quello era il tempo di De Sica padre, in quest’epoca ha a lungo imperato il figlio, adesso c’è Checco Zalone. Indietro, si sa, non si torna. Ma se i politici di oggi si calassero un po’ di più nella parte di quelli di ieri, che peraltro non erano senza peccato, riprendendo quella sobrietà espressa dall’immagine di Moro, potrebbe essere un primo passo. E un proposito per l’anno nuovo. Auguri ai lettori.

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