
Benvenuti a Como, la città senza tempo. Eh sì, oggi il cantiere delle paratie spegne la sua quindicesima candelina. È diventato adolescente senza averlo previsto perché, stando alle varie road map, avrebbe dovuto a malapena superare lo svezzamento. Niente in confronto all’ex Ticosa, che lo scorso anno, è entrata negli “anta”, quell’età in cui si va un po’ crisi, non fosse che l’area che accoglie i visitatori che arrivano in città da sud, in cerca di identità lo è da tempo.
Due simboli, le paratie e l’ex tintostamperia, di qualcosa che non funziona nel Dna di Como, nella sua politica. E non è neppure una questione di colori perché sulle due opere hanno pestato il muso sia il centrodestra sia il centrosinistra. Sarà mica per questo che alla fine è spuntato Rapinese con la sua lista civica a fare carne di porco dei partiti? Già, soprattutto nel caso delle paratie. Un’opera che ha segnato in maniera determinante il destino di due giunte: quella bis del forzista Stefano Bruni e quella di colore opposto guidata da Mario Lucini.
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