Rapinese e la destra: un anno dopo

Giovedì 29 giugno, giorno di San Pietro e Paolo, Alessandro Rapinese potrà soffiare sulla sua prima candelina da sindaco di Como. Un anno, per i primi cittadini, è certo poco per tracciare un bilancio. Ancora più difficile nella situazione comasca, dove il modus comunicandi dell’inquilino di palazzo Cernezzi (che oltretutto si considera il proprietario) rende ostico distinguere gli annunci dalle opere realizzate ex novo o da quelle portate a termine dopo essere rimaste in mezzo al guado tra l’amministrazione precedente e l’attuale. Si può invece, con le polveri del tutto sedimentate per effetto del tempo, tentare una lettura politica del successo del candidato impolitico che ne sta condizionando l’azione amministrativa.

Si è detto che Alessandro Rapinese ha costruito la sua vittoria nei quindici giorni trascorsi tra il primo e il secondo turno del voto perché è riuscito a essere più convincente della competitor di centrosinistra, Barbara Minghetti, e si è proposto come alternativa a quello che per molti elettori comaschi poteva apparire uno spauracchio: il Pd. Non va dimenticato, infatti, che per anni, la nostra realtà era stata battezzata come il “Mugello del centrodestra”, dal nome del collegio in provincia di Firenze dove la sinistra poteva candidare anche una trota salmonata e avere la certezza della vittoria. Infatti, anche dalle nostre parti, l’alleanza maturata ha fatto cadere, in occasione delle elezioni politiche, tanti di quei candidati paracadutati da far impallidire lo sbarco in Normandia.

E la vittoria di Rapinese non è affatto disgiunta da questo contesto. La verità è che il candidato civico non ha prevalso al ballottaggio, ma aveva già vinto al primo turno pur ottenendo meno voti di Barbara Minghetti. A proposito di quest’ultima e della coalizione che la sosteneva (una sorta di campo largo senza i Cinque Stelle e parte della sinistra radicale) non si può parlare neppure di sconfitta. Il 40% ottenuto è un risultato quasi miracolistico dalle nostre parti per quello schieramento. E se poi, due settimane dopo, non è bastato per far cingere la fascia tricolore alla manager culturale è solo a causa del clamoroso tracollo del centrodestra al primo giro. Molti elettori del ballottaggio, rimasti orfani dei riferimenti abituali e volendo comunque non rinunciare ad esercitare il diritto di voto, si sono orientati su Rapinese, considerato più vicino alla loro cultura politica, anche se candidato “civico”. Su questa debacle del centrodestra comasco, in un anno non sono stati avviati ragionamenti o analisi approfondite. Eppure, più o meno gli stessi problemi sono riemersi in occasione delle recenti regionali, che hanno visto premiati candidati a sorpresa nella coalizione, senza, in apparenza suscitare rimpianti determinati soprattutto dall’affermazione di Sergio Gaddi con la lista di Forza Italia. Cosa sarebbe accaduto se l’ex assessore alla Cultura del Comune di Como fosse stato scelto come candidato sindaco al posto di Giordano Molteni? Invece hanno prevalso logiche più personalistiche che politiche. Le difficoltà e le divisioni del centrodestra che a Como un anno fa non è neppure riuscito a fare davvero coalizione come invece avvenuto alle politiche a livello nazionale, si stanno riverberando anche nell’azione (o inazione) in consiglio comunale che garantisce a Rapinese un’opposizione depontenziata e in alcuni casi fiancheggiatrice anche se non in maniera aperta. I voti del centrodestra al sindaco potrebbero essere arrivati anche contro l’indicazione dei vertici di alcune forze della coalzione, in aperto contrasto con il nuovo primo cittadino di Como. Chiaro che l’azione di governo del sindaco, al di là del suo background, tiene conto dei segnali giunti da chi lo ha privilegiato, come dimostra, tra l’altro la decisione di chiudere il porticato dell’ex chiesa di San Francesco, abituale rifugio dei senzatetto. D’altro canto, la debolezza e le divisioni del centrodestra in consiglio comunale consentono alla giunta anche scelte, magari contrarie agli interessi dell’elettorato di riferimento. Insomma, se non si risolveranno le contraddizioni in questo settore della minoranza, non è difficile prevedere altri quattro anni di navigazione più che tranquilla a Rapinese, a prescindere dall’efficacia dell’amministrazione. E magari anche un mandato bis.

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