Tra ciliegie e pere, ormai Como è alla frutta

A Como non è il tempo delle mele: nel senso che tra sindaco, giunta e parte della città non sembra esserci molto feeling, come invece accade nel celebre film degli anni ’80 con una deliziosa Sophie Marceau. Su questo, chi vivrà, fino al 2027, anno delle nuove elezioni comunali, vedrà.

Invece parrebbe che sia il tempo delle pere. Perché è davvero un po’ grottesco il nuovo motivo del contendere fra Rapinese e una parte dei suoi amministrati. Questi ultimi non chiedono di salvare a tutti i costi i ciliegi di via XX Settembre, ammesso e non concesso che sia possibile, visto che l’agronoma che ne ha decretato lo stato di incurabile malattia ha un curriculum tutt’altro che trascurabile, ma vorrebbero semplicemente che la strada rimanesse quella che è stata per settantacinque anni. Pare infatti che i ciliegi siano stati piantati nel 1950, quando l’Italia si preparava al boom economico.

Certo, allora Como come il paese era governata dalla Democrazia Cristiana, come peraltro è stato fino al 1992, con una parentesi socialista di due anni. Ed è probabile che su quel partito ormai scomparso si potrebbe scaricare oggi una sorta di avversione postuma da parte del sindaco. E va bene che le polemiche sono come le ciliegie: una tira l’altra. Ma a che pro?

La scelta dei peri come sostituti degli attuali abitanti arborei sarebbe stata motivata, per quanto se ne sa, dalla maggiore resistenza all’inquinamento. Ma se i ciliegi sono rimasti lì in buona salute per oltre settant’anni, assistendo a tanti rivolgimenti della città, forse il problema riguarderà amministrazioni di cui, per ovvie ragioni anagrafiche, Rapinese non potrebbe fare parte.

E poi, dai, sindaco: per tutte le ragioni che lei può avere, non può sempre finire in rissa. Le scuole, lo stadio, il Carducci. E giù proteste, ricorsi, improperi che viaggiano da Palazzo Cernezzi alla città e ritorno. Per una volta, ci ascolti, venga meno a questo integralismo e lanci un segnale di buona volontà, oltretutto a costo quasi zero: dipende della quotazioni degli alberi da frutta.

Tra chi protesta ci sono le opposizioni, certo,che fanno il loro mestiere e sono montate a cavalcioni sulla faccenda, ma anche tanti residenti e firmatari della petizione esposta ieri nel sit in permanente allestito in zona. E non è improbabile che tra loro vi sia anche qualche suo elettore.

Ora, poi, ci si è messa anche la Regione. Dopo la lite sui parapetti del lungolago, vogliamo aprirne un’altra per le piante? Certo, esiste già una delibera che certifica l’avvio del “tempo delle pere” in via XX Settembre. Però bisogna anche dirlo: passare dalla “strada dei ciliegi” a quella “dei peri” non è proprio il massimo, neppure dal punto di vista semantico.

Basterebbe un tratto di penna e un passaggio in giunta, sindaco: scriva “ciliegi” al posto di “peri”, tenga a bada per una volta il suo orgoglio e tutti vivranno felici e contenti. Soprattutto nella strada che collega la stazione di Como Borghi a via Milano.

In fondo, “Il giardino dei ciliegi” di Cechov racconta di un’aristocrazia declinante: un’immagine che, se proiettata in politica, forse non dispiacerebbe all’inquilino di Palazzo Cernezzi.

Oltretutto, questa disputa tra pere e ciliegi rischia di veicolare l’immagine di una città alla frutta.

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