Costruttori di pace, la parola a un premio Nobel: «Il mondo deve offrire felicità»

L’intervento Lisa Clark di Ican, Nobel per la pace 2017: «Como non dimentichi il suo spirito non violento»

«Chi non ha mai sentito parlare di pace come “assenza di guerra”? È una frase che sentiamo spesso, forse anche troppo. E a mio parere non è del tutto corretta. O, almeno, è troppo limitata».

Perché per Lisa Clark, rappresentante italiana di “Ican”, la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, premio Nobel per la pace nel 2017, «si tratta di molto, infinitamente di più. Pace è una cosa positiva, è quella condizione in cui ogni persona è in grado di realizzare il proprio potenziale».

Uguali opportunità

E, poi, «significa società in cui ci sono uguali opportunità, senza discriminazioni e uguaglianze. È, insomma, tutto ciò che porta alla convivenza felice», aggiunge. Quattro lettere, un termine ricorrente nei discorsi, eppure un mondo di sfaccettature da scoprire «e soprattutto da favorire in ogni modo, partendo dalle relazioni interpersonali e dal confronto non violento per la risoluzione dei conflitti».

Non a caso, i filosofi parlano di «pace positiva: è ciò che, negli anni passati, ha ispirato la Carta costitutiva dell’Onu e il Manifesto di Ventotene. Col tempo, tuttavia, mi pare che quest’idea si sia un po’ persa». Ecco perché, a detta di Clark, dell’associazione “Beati i costruttori di pace”, «ben venga l’obiettivo 16 dell’Agenda 2030. E l’impegno è tutto nostro: spetta a noi ricordare alle nostre istituzioni il loro dovere nei confronti della pace».

Nell’ambito del disarmo «la società civile più volte ha fatto sentire la propria voce, anche grazie alla campagna internazionale “Ican” e a quella nazionale “Italia, ripensaci”, per far capire alla politica quali sono – o, almeno, quali dovrebbero essere – le priorità nei rapporti internazionali».

Purtroppo, «in questo periodo vediamo sempre più i drammatici effetti della guerra. Rispetto a qualche decennio fa, mi sento di affermare che abbiamo fatto parecchi passi indietro, dal momento che si è proceduto in direzioni contrarie ai principi alla base delle istituzioni create per promuovere la pace». Sulla carta, dunque, una cosa, nella pratica tutt’altro.

«Specialmente i nostri Paesi, non direttamente coinvolti nella violenza della guerra, rischiano di non riuscire a convincere i rispettivi governi a fare ciò che hanno in mente come ideali. “Ican” nasce proprio da questo desiderio ed è un’iniziativa che parte dal basso e che coinvolge diverse organizzazioni, tra cui protagonisti (come la Croce Rossa internazionale, ndr) e giuristi». In quindici anni, spiega ancora Lisa Clark, «questa felice collaborazione ha prodotto un trattato internazionale di proibizione delle armi nucleari, sposato praticamente dal 90% dei nostri cittadini. Ma, al momento, i governi non ci hanno ancora ascoltato».

Coesione sociale

Nonostante ogni ostacolo, «è fondamentale che la gente continui a informarsi e a sensibilizzare sul tema. Uno degli aspetti più belli di “Ican” è il coinvolgimento, del tutto spontaneo, di centinaia di consigli comunali in Italia che, dopo essere entrati in contatto con i nostri obiettivi, hanno scelto di aderire alla campagna e, contestualmente, si sono impegnati a mandare le delibere al governo, così da dare un segnale forte».

Tutto ciò «crea coesione sociale e consente l’approfondimento di un tema, la pace, che non riguarda pochi eletti, ma che coinvolge tutti noi, dato che le armi nucleari sono una minaccia per la società intera».

E Como, in tutto questo, come si pone? «Ricordo – conclude – che la vostra città fu tra le prime tre ad aderire a “Mayors for Peace” (letteralmente, “Sindaci per la Pace”), nel lontano 1983. Non vorrei che questo spirito, negli anni, si fosse un po’ assopito. Allora, impegniamoci per ridare vigore alla proposta: siamo tutti costruttori di pace».

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