La Palestina ferita: «Il mondo? Dorme»

Persone A Milano l’incontro con Francesca Albanese, relatrice speciale Onu: «Tra cinquant’anni tutti diranno di essere stati contro»

Como

A un giorno dall’uscita del suo nuovo libro, “Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite dalla Palestina”, Francesca Albanese viene accolta da un coro di applausi alla sede della Cgil di Milano. “Ingresso libero fino a esaurimento posti”, recita la locandina pubblicata timidamente sul suo profilo Instagram. Ma il posto c’è per tutti: nessuno tentenna all’idea di doversi accovacciare sui gradini o di restare in piedi per tutta la durata dell’incontro. Una lunga fila di persone si mette in coda per assicurarsi di essere i primi a poter toccare con mano un’opera di denuncia di questo calibro. Tra il pubblico si riconoscono spalle coperte da kefiah bianche e nere, le stesse che ci hanno guidato dalla metro all’ingresso della Cgil. Gli applausi soffocano le parole del moderatore Matteo Nucci.

Il senso dell’umanità

In qualità di relatrice speciale Onu per i Territori Palestinesi Occupati, il mandato di Francesca Albanese prevede l’indagine sulle violazioni del diritto internazionale sul suolo palestinese e la raccolta di testimonianze finalizzate a redigere rapporti di rendicontazione destinati al Consiglio dei Diritti Umani. Ogni domanda sul libro si traduce in uno spunto da cui partire per toccare tutti gli elementi chiave del discorso.

«In questi anni ho perso una parte di me. Mi è rimasta solo una grande rabbia». È stato questo libro a impedirle di perdere il contatto con il senso di umanità: nove storie di vite spezzate che si intrecciano a dati, riflessioni e analisi giuridiche. Storie di bambini il cui destino è ormai irreversibile. «Ho conosciuto ognuno di loro - racconta - tranne la piccola Hind, ritrovata tra le macerie dell’auto in cui è stata uccisa brutalmente mentre era al telefono con i soccorritori».

Parla dei bambini come il seme di un popolo, analogia proibita se l’obiettivo è la pulizia etnica. Sono i militanti politici israeliani stessi a riferirsi a loro come uccidibili. Il titolo, poi, parla da sé: “Quando il mondo dorme” fa leva sul fallimento dell’etica globale e delle istituzioni internazionali, incapaci di chiamare le cose con il loro nome e di agire per essere dalla parte giusta della storia. Il rapporto risalente al 2022 aveva attirato pesanti critiche per aver descritto l’occupazione coloniale come un sistema di apartheid che si serve del dualismo legale come mezzo di discriminazione istituzionalizzata. Ma è con Anatomia di un genocidio (marzo 2024) che attacchi politici e minacce si sono intensificati. Il rapporto presenta la distruzione di Gaza come prova dell’intento genocidario israeliano, demandando l’applicazione della Convenzione sul genocidio (1948), l’unico trattato che impone l’obbligo di prevenirlo: prerogativa, sottolinea, mai rispettata in Palestina. Inoltre, sulla disputa terminologica: «Rischiamo di perderci dietro le parole. Riconoscere ciò che Israele ha fatto come crimini di guerra basterebbe a bloccare il trasferimento di armi».

L’accusa: antisemita e pro Hamas

Albanese continua ad essere nel mirino di chi l’accusa di essere antisemita e pro-Hamas per alimentare la campagna di propaganda mistificatoria filoisraeliana.

«È gravissimo che l’antisemitismo esista ancora in questa parte di mondo. Non va confuso con la denuncia di ciò che Israele fa; potrebbe dirsi uno stato buddhista, musulmano o agnostico e ugualmente sosterrei quello che dico oggi». E poi, sul 7 ottobre: «È stato uno strazio: il telefono non smetteva di squillare. Sono rimasta paralizzata davanti alla tv».

Pur avendone sempre parlato come atti atroci e ingiustificabili, a scatenare il disappunto è stato averli inseriti in un quadro sistemico più ampio: 56 anni di occupazione e soprusi come fattori di esasperazione dell’odio. Questo però non basta a scardinarla dalla battaglia che porta avanti con fermezza: «La comunità internazionale non ha fatto nulla per prevenire questa tragedia. Ma non temete: tra cinquant’anni, tutti diranno di essere stati contro».

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