Mentre i prezzi della benzina in Italia continuano a salire, la crisi si fa strada anche in Ticino

L’analisi Luca Giampietro, amministratore di City Carburoil, nel cantone di confine ha 25 stazioni di servizio: «I nostri automobilisti non vengono nel Comasco per fare il pieno, però questi sono solo timidi segnali di ripresa»

Luca Giampietro, amministratore delegato di City Carburoil Sa - cui fanno riferimento in Ticino 25 distributori (con annessi negozi, shop e bar) - non ha dubbi: «Servirà tempo per tornare alla normalità».

Ma è chiaro che di giorno in giorno anche su questo lato del confine sta aumentando la consapevolezza sul fatto che la benzina verde ticinese sta nuovamente rosicchiando preziosi centesimi a quella venduta dai nostri distributori, anche se per tornare al periodo antecedente il 21 marzo - dato d’inizio del taglio sulle accise del carburante deciso dal nostro Governo - ci vorrà tempo.

Qualche segnale confortante però arriva, tanto che City Carburoil ha deciso di riaprire da lunedì prossimo (30 gennaio) il distributore di Vacallo, l’unico sulla sinistra entrando da Pizzamiglio, divenuto con i nastri di cantiere alle “pistole” per il carburante, uno dei simboli della crisi legata al pieno di carburante che ha investito la parte più a sud del Ticino, quella cioè a ridosso del confine italiano.

Siamo ormai al giro di boa del primo mese senza sconti sulle accise in Italia. Qual è un suo primo bilancio dopo questa inversione di tendenza?

Siamo ancora lontani da quella che potrebbe essere definita una situazione normale. Ci sono stati timidi segnali di ripresa, connessi soprattutto ai ticinesi che non varcano più il confine per fare il pieno. Per riavere in numero rilevante gli automobilisti comaschi e varesini ci vorrà tempo, nonostante su un litro di verde spuntiamo mediamente 6-7 centesimi. I grandi numeri ancora però non sono arrivati.

Che idea si è fatto su questa (ri)partenza al rallentatore?

Sicuramente la prima convinzione è che per modificare determinate abitudini ci vuole tempo. Dieci mesi di pieno a prezzo scontato magari a due passi da casa hanno rappresentato una comodità che, nonostante la fine del provvedimento legato al taglio delle accise, al momento rimane. Il periodo è un po’ particolare, questo l’altro aspetto. A gennaio sino a metà mese l’edilizia ticinese è rimasta ferma. Questo ha influito sul dato globale del rifornimento di carburante. Ripeto il concetto espresso poc’anzi e cioè che ci vorrà tempo per tornare ad una nuova normalità.

Una parte della politica svizzera ha sostenuto sin dal 21 marzo, data d’inizio del taglio delle accise in Italia, che quello italiano sarebbe rimasto un “provvedimento spot”, che una volta terminato avrebbe rischiato di sortire l’effetto opposto. Per contro, il Governo svizzero ha preferito non intervenire, creando grossi problemi soprattutto ai distributori a ridosso del confine. Qual è la sua chiave di lettura rispetto a questo dinamiche?

L’impressione, sin dall’inizio, è che la Svizzera non avrebbe dato corso ad un provvedimento, sul modello di quello italiano, finalizzato a difendere un mercato di confine, che - capisco - viene visto come un mercato di nicchia. Il dato oggettivo è che la nostra Confederazione non ha fatto nulla per aiutare i consumatori ed i cittadini. Da noi c’è stata una manovra importante, ma per sostenere l’economia a livello globale. E’ vero che l’Italia ha adottato una misura “a tempo”, ma è altrettanto vero - e mi sembra una puntualizzazione importante - che nell’ultimo decreto (10 gennaio) è stato introdotto il meccanismo in base al quale se il prezzo del carburante raggiunge una certa soglia quanto viene incassato di più con l’Iva va a ridurre le accise. Questo per noi è sempre un motivo di incertezza. Se ci dovessero essere significativi stravolgimenti sul mercato, ci troveremmo in una situazione analoga a quella del 21 marzo.

Si è parlato più volte di perdite per i distributori ticinesi più vicini al confine pari o anche superiori al 90%. Un dato in negativo di assoluto rilievo. Terminata questa fase di emergenza piena, qual è il bilancio finale dei dieci mesi in cui molti ticinesi e così frontalieri nonché i residenti nei Comuni più vicini al Ticino hanno optato per il pieno in Italia?

I distributori più vicini alla frontiera hanno registrato perdite tra il 70 ed il 90%. Sono stati mesi durissimi lungo tutta la fascia ticinese di confine. Aggiungo che ci si è trovati di fronte ad una situazione mai vissuta prima e dunque ancora più difficile da affrontare, in mancanza di certezze. Mi spiego meglio. La difficoltà in questi dieci mesi è stata anche quella di non avere tempistiche certe sulla fine delle agevolazioni in Italia. Basti pensare alle varie proroghe, prima un mese, poi due settimane e così via. Questa situazione ci ha fatto vivere nella più totale incertezza. Noi abbiamo preferito da subito chiudere determinate stazioni di servizio. Altri hanno invece deciso di temporeggiare, sperando che si vedesse la fine del tunnel, arrivata il 31 dicembre.

Che previsioni si possono fare per il primo trimestre, con la verde - lo ricordiamo - oggi più conveniente in Ticino?

La sensazione è che il primo trimestre sarà ancora duro, nel senso che l’incertezza regnerà ancora sovrana sui mercati. La tendenza del prezzo del carburante peraltro è ancora a salire. Non mi aspetto grandi risultati sino a Pasqua. Poi confidiamo in una primavera dal clima favorevole che possa incentivare il turismo, con un occhio attento inevitabilmente alle dinamiche internazionali. La speranza è che i prezzi rimangano su livelli sostenibili, soprattutto per il diesel. Per la verde oggi abbiamo un prezzo medio di 1,79 franchi al litro, con il prezzo dell’ottobre 2021 a 1 franco e 80. Dunque prima del conflitto ucraino e di tutto quanto accaduto lo scorso anno eravamo su questi livelli. A luglio 2021, la verde si attestava ad un franco e 75. Discorso diverso per il diesel, che veniva venduto a 1,86 franchi al litro a ottobre 2021 ed oggi siamo a 2,06 franchi. Peraltro siamo anche di fronte ad una mancanza di prodotto. Altro campanello d’allarme.

Quanto sono importanti per voi i clienti italiani, a cominciare da quelli comaschi?

Per la fascia di confine sono essenziali. Più ci spostiamo verso l’interno, più diventano importanti i clienti italiani che lavorano e si spostano in Ticino, vale a dire i frontalieri. Nel nostro Cantone entrano più di 70 mila frontalieri al giorno. In base ad un calcolo di massima, ciò significa che in Ticino entrano 35-40 mila auto al giorno dall’Italia. Questi numeri così importanti per noi sono venuti meno dal 21 marzo a fine anno. Numeri che per noi rappresentano una fetta rilevante del mercato connesso al carburante”.

Ripercussioni per il personale durante questa “crisi del pieno” ?

Per la nostra azienda no. Non abbiamo avuto licenziamenti né addetti in lavoro ridotto (l’omologo della nostra cassa integrazione, ndr). Va rilevato che noi però abbiamo tre stazioni sul confine su un totale di venticinque. Le restanti 22 sono all’interno del Cantone. Anche qui si sono registrate contradizioni per la vendita di carburante, ma tutto sommato accettabili, ricordando che la nostra forza è rappresentata anche da shop e bar.

A proposito di distributori, dunque Vacallo riapre da lunedì prossimo?

Sì. Posso confermarlo. Vacallo riaprirà il 30 gennaio. Questa settimana sarà utilizzata per il riallestimento e per rimettere in funzione tutto ciò che è rimasto fermo in questi mesi. Poi da lunedì sarà di nuovo aperto. Da addetto ai lavori, mi lasci dire infine che l’accanimento politico verso il nostro settore è ingiustificabile. Ricordando che non c’è nessun altro settore all’infuori del nostro che va ad esporre il prezzo del prodotto venduto a caratteri cubitali sulla strada.

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