Crisi alimentare, energetica e dei prezzi: 2023 alll’insegna delle incertezze. Ma per l’economia anche sorprese positive

Gli scenari Un focus di Ispi su ciò che aspetta l’economia nei prossimi mesi. C’è la variabile guerra, non si esclude però un quadro migliore delle attese

Il 2023 si presenta sotto una triplice crisi: dei prezzi dell’energia, alimentare e finanziaria, che vanno a sommarsi alla crisi sanitaria e climatica. Il rischio elevato è di stagflazione: di crescita lenta accompagnata da alti valori di inflazione.

Gli anni Venti del Duemila potrebbero facilmente diventare un decennio perduto per lo sviluppo economico e sociale. Tuttavia il 2023 potrebbe serbare alcune sorprese positive per l’economia: una crescita superiore alle stime e inflazione più bassa del previsto, a condizione che non si verifichi una escalation della guerra.

Le prospettive

Del tutto imprevedibile quindi lo scenario macroeconomico presentato nell’intervento di Paolo Magri, vicepresidente Ispi, nella conferenza “Il mondo nel 2023: sarà quiete dopo le tempeste? Scenari per le imprese, tra rischi e opportunità” promossa insieme ad Assolombarda e Sace con gli interventi di Gregorio De Felice, direttore Chief Economist di Intesa Sanpaolo e Alessandro Terzulli, Chief Economist Sace.

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Secondo il dossier Ispi, dal quale sono tratte le considerazioni sulle prospettive future, la guerra in Europa sta alimentando l’inflazione, già in atto, amplificando la crisi energetica e alimentare, rallentando gli scambi globali e ridisegnando gli scenari geopolitici.

Le imprese devono quindi operare in un contesto sempre più complesso e volatile e le previsioni non sono di un congelamento del conflitto a breve, anzi. Per il futuro però alcuni elementi sono già certi e rappresentano i nuovi rapporti geopolitici: un esempio è il ruolo sempre più rilevante dei fornitori di energia dei paesi del Golfo, forti di una posizione di neutralità che li chiama fuori da penalizzanti logiche di schieramento.

Proprio l’energia è il primo fattore al quale guardare per immaginare il 2023.

Il consumo di gas nell’ Unione europea è sceso del 23% nel novembre 2022 rispetto all’anno precedente. Il clima mite dell’autunno ha contribuito ad abbassare la domanda di gas, ma già vi erano state drastiche riduzioni da parte degli utenti industriali durante l’estate. Il fatto che imprese e famiglie siano state capaci di adeguare l’utilizzo della fonte di energia più scarsa è un segnale incoraggiante per il futuro.

Infondati, secondo il dossier Ispi, i timori emersi nella primavera del 2022 per cui gran parte dell’industria europea, compresa l’industria tedesca, sarebbe crollata a seguito dell’interruzione delle importazioni di gas russo.

Nonostante la fornitura di gas all’Europa dalla Russia sia stata ridotta dell’80%, tuttavia i volumi di produzione industriale sono aumentati del 3,4% rispetto a ottobre 2021, mentre in Germania la produzione è rimasta pressoché invariata con un calo dello 0,2%. Tutto questo suggerisce che l’industria europea è più resiliente di quanto si potesse immaginare.

Il mercato del lavoro

C’è poi il dato sul mercato del lavoro che resta solido sia in Europa che negli Stati Uniti, con il tasso di disoccupazione ai minimi storici in contraddizione con la prospettiva negativa suggerita dagli indicatori. Se le aziende continuano ad assumere è ragionevole aspettarsi un aumento della produzione nel 2023.

Eccessivi anche i timori in merito all’impatto dell’aumento dei tassi da parte della Bce: il tasso sui depositi della Bce è stato aumentato da -0,5% a luglio 2022, quando l’inflazione era già all’8,9%, al 2% a dicembre 2022, ben al di sotto dell’inflazione corrente e di quella attesa nel 2023. In una prospettiva storica, si tratta di un inasprimento monetario moderato rispetto a quello degli anni Ottanta e Novanta.

Vero che l’inflazione in Europa è aumentata significativamente, ma questo è parzialmente dovuto ai prezzi più alti dell’energia e alla necessità di fare stoccaggio. Tuttavia, se si evita l’escalation della guerra, i prezzi dell’energia potrebbero non aumentare ulteriormente e addirittura scendere.

I salari per ora non fanno aumentare l’inflazione ed è poco probabile che lo facciano in futuro secondo il dossier di Ispi. Anche se l’aumento dei salari dovesse accelerare per uno o due anni a causa dell’indicizzazione o degli accordi collettivi per andare a compensare almeno in parte le recenti sorprese inflazionistiche, l’inflazione era così elevata nel 2022, e probabilmente rimarrà ben al di sopra del target del 2% nel 2023, che il valore reale dei salari probabilmente continuerà a essere ben inferiore ai valori pre-2022 nel 2023 e oltre.

Se non si verifica un calo degli approvvigionamenti, l’inflazione potrebbe essere contenuta. Già negli Stati Uniti è in calo con un andamento in discesa più rapido rispetto alle attese degli analisti di mercato.

Per queste ragioni, al netto di un peggioramento degli scenari di guerra, il dossier di Ispi “Il mondo nel 2023” non esclude per l’Europa una crescita oltre le aspettative e inflazione più bassa del previsto.

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