Tessile e crisi energetica: adattamento e flessibilità parole chiave per il futuro delle aziende

Intervista Sergio Tamborini, presidente di Sistema Moda Italia, analizza le ricadute del forte aumento del prezzo del gas. «Necessari interventi immediati e in prospettiva. Filiera produttiva, possibili integrazioni tra le aziende»

Nulla sarà come prima. La crisi energetica richiede interventi immediati che frenino la speculazione, ma le condizioni per un’abbondanza di forniture con minime variabili di prezzo, come è accaduto negli ultimi decenni, non ci sono più. E non ci saranno anche nel futuro prossimo. Sergio Tamborini, presidente di Sistema Moda Italia e ad del Gruppo Ratti, indica una prospettiva per le aziende tessili che richiede capacità di adattamento e flessibilità.

Il Governo è stato sollecitato dalle imprese a prendere provvedimenti urgenti contro l’aumento delle bollette, sono adeguati?

Le richieste di Confindustria sono nella logica di un intervento a breve termine che possa calmierare gli elementi speculativi e dare un ancoraggio ai prezzi. Ci sono delle distorsioni e speculazioni alle quali bisogna mettere freno. Sono necessari tutti gli interventi richiesti e servono impegni governativi, che in parte si stanno attuando, con la massima urgenza. 

Diverso è ragionare in prospettiva. Le condizioni precedenti di abbondanza di forniture di gas non le avremo più e, in generale, come Unione europea il tema andrà affrontato unitariamente.  

Se vogliamo che si verifichi la necessaria solidarietà a livello europeo sul tetto del gas dobbiamo anche essere pronti a una condivisione dell’energia con quei Paesi che avranno meno risorse di noi. Si tratta di equilibri complessi che richiedono una grande flessibilità. 

Ora qualche spiraglio per affrontare il problema c’è, la discussione che avviene a Bruxelles è in termini positivi e ci sono quegli elementi minimi necessari per eliminare i fenomeni speculativi e le distorsioni nella formulazione del prezzo del gas. 

Le Pmi sono ritenute in questo momento più a rischio: è possibile che, nel distretto comasco, accadano chiusure, fusioni, acquisizioni?

 Come sempre, dai momenti di crisi non si esce nelle stesse condizioni con le quali si è entrati. È possibile che si verifichino fenomeni che rivoluzioneranno la filiera tessile, ci saranno delle mutazione del mercato, probabile che ci si realizzino delle integrazioni tra aziende che forse erano già necessarie e che questa crisi ha accelerato. 

Aggregazioni che possono anche essere positive, un esempio si è verificato lo scorso anno quando Mantero Seta e Gruppo Ratti sono entrati nel capitale di Foto Azzurra, piccola realtà che realizza i supporti per la stampa serigrafica applicata ai tessuti. È un esempio di come si possa dare solidità alla filiera conservandone le specificità.

C’è stata in primavera una sottovalutazione del rischio caro energia e, per questo, ci sono delle responsabilità?

Difficile individuare delle responsabilità nel breve periodo: l’approvvigionamento energetico è frutto di trent’anni di politiche e forse legarsi a un’unica fonte come il metano con un fornitore privilegiato come la Russia è stato poco lungimirante. I segnali che si sarebbe andati incontro a una crisi c’erano da tempo e il mercato è sempre anticipatore dei fenomeni sociali e politici: a ottobre 2021 erano cominciati gli aumenti, prevedendo la guerra, poi sono saliti i costi, anticipando la possibile chiusura delle forniture da parte della Russia. 

I segnali quindi c’erano e le soluzioni si sarebbero dovute pensare con il dovuto anticipo. Oggi vanno attuate misure alternative con la consapevolezza che la sostituzione di una fonte come il gas russo nell’arco di sei mesi non si può fare, da qui la difficoltà dei fornitori a sottoscrivere contratti.

C’è difficoltà da parte delle imprese a trovare delle offerte da parte dei fornitori di gas che chiedono garanzie importanti?

La richiesta, da parte dei fornitori, di fideiussioni a garanzia dei contratti è comprensibile: hanno bisogno di essere garantiti che a fine mese le aziende siano in grado di sostenere i costi di quel prodotto.

La dimensione dei costi ai quali si espongono va moltiplicata per il numero di aziende che forniscono. È il mercato che si è trasformato improvvisamente dopo vent’anni di minime variazioni. 

I competitor, Ue ed extra Ue, hanno costi di energia inferiori: c’è il rischio di perdere quote di mercato?

All’interno della dimensione europea è evidente che il settore tessile italiano nel suo insieme come filatura, tessitura e nobilitazione è maggiore di qualunque altro, se si esclude la confezione. 

Il tema della concorrenza riguarda i paesi non nell’Unione. Non mi preoccuperei della Cina, perché oggi ci sono costi di trasporto e anche incertezze sui tempi di consegna che rendono più difficile un approvvigionamento dall’estremo oriente.

Il vero concorrente lo abbiamo ai margini dell’Unione europea e applica le regole commerciali con logiche in parte differenti dalle nostre. Si tratta della Turchia che esprime un valore in termini di qualità un po’ diverso da quello italiano, ma per valori assoluti i due comparti tessili sono delle stesse dimensioni se si include anche l’abbigliamento.

C’è chi sostiene che i clienti del nostro distretto sono di fascia alta e i servizi che si offrono loro, a Como, non sono replicabili; altri invece sono preoccupati di una possibile concorrenza perché a Como non si fa solo alta moda: chi ha ragione?

Sono vere entrambe le posizioni: il livello di servizio delle aziende comasche, per tipologia e qualità, è altissimo, difficile essere concorrenziali su questo piano. Ma i grandi volumi si fanno nel medio e basso di gamma e anche a Como hanno una notevole rilevanza. Il tessile italiano poi è fatto di più distretti con condizioni diverse: comprende il distretto pratese e il gallaratese lombardo per il cotone, oltre al biellese, e non producono solo per l’alta moda.

Conta anche il tema dimensionale: si sta considerando un sistema industriale nel suo insieme, altrimenti è artigianato ed è una cosa diversa. 

Il tessile italiano, composto da pmi, è nel suo insieme una dimensione industriale importante e una filiera completa, anche se non per tutte le fibre.

In tema concorrenza, a protezione della filiera italiana sul medio e lungo periodo è realizzabile un’etichetta che tracci tutti i passaggi del prodotto tessile finito? E in quale misura una garanzia di tracciabilità può scongiurare che i brand si rivolgano ad altri paesi per i passaggi a monte della filiera moda?

La trasparenza è una delle sfide del tessile che riguarda tutta la filiera, il monte e i marchi. Come SMI abbiamo sempre lavorato per la maggiore tutela delle produzioni italiane. Vanno certamente presidiati i temi della protezione del mercato e il tema della sostenibilità, infatti come Sistema Moda Italia stiamo organizzando il 27 e 28 ottobre con la Camera Nazionale della Moda Italiana a Venezia un convegno congiunto proprio su questi temi. Si tratta di una momento molto importante perché i due attori della filiera, monte e valle del tessile e moda, possono ragionare insieme. 

Il tema della tracciabilità e dell’identificazione del prodotto va però discusso a livello europeo, non a Como e neanche a Roma, si trova a un livello internazionale come il tema energetico.

Tra le strade più rapide per calmierare i costi del gas c’è l’eliminazione delle sanzioni alla Russia: è stata presa in considerazione?

Il presidente del Consiglio, a suo tempo, aveva chiesto se volevamo la pace e allo stesso tempo l’aria condizionata. La posizione del Governo è chiara e bisognerà trovare le soluzioni alle conseguenze di decisioni già prese. 

Al momento l’aumento dei listini, con effetto domino, è stato scaricato a valle ed è stato, per ora, assorbito dal mercato: è così? Con quali conseguenze per i consumi?

È stato assorbito sul mercato fino a un certo punto perché alcuni operatori della filiera si sono fatti carico degli aumenti senza scaricarli a valle, forse perché non c’era piena consapevolezza di quanto la situazione si sarebbe modificata con una crescita dei costi di queste dimensioni in breve termine. 

È chiaro che ormai non è più possibile farlo e gli aumenti sono diventati per tutti significativi. Oggi non ci sono aziende che hanno margini per contenere gli aumenti che si sono registrati e che obbligatoriamente finiranno per essere caricati sul prodotto, se si vuole mantenere una certa redditività. 

È immaginabile che i grandi brand, per conservare la filiera italiana, decidano di assorbire gli aumenti?

Una parte del marchi della moda ha margini particolarmente significativi e ha la capacità di assorbire un costo maggiore. Qualcuno di loro potrebbe ragionare sulla necessità della sopravvivenza di un suo fornitore e potrebbe valutare anche la posizione geografica che assume ora un ruolo strategico con l’aumento del costo dei trasporti.

A questo si potrebbero aggiungere fenomeni di aggregazione, acquisizioni o chiusure.

In ogni caso si sta giocando una partita diversa rispetto al passato, è un momento di forte discontinuità e cambiamento. 

Capacità di adattamento e flessibilità diventano fondamentali. 

Un cambiamento che però ha una rapidità che difficilmente permette un adattamento, quando sarà possibile capire cosa accadrà e quindi programmare il lavoro?

Il primo momento in cui saremo in grado di capire cosa aspettarci è dopo la riunione straordinaria del 9 settembre a Bruxelles sul tema del gas: se verrà definito un tetto al prezzo del gas, la speculazione si fermerà. Il secondo passo è disancorare l’energia elettrica dal prezzo del metano.

In ogni caso, è impossibile che i valori tornino come quelli di sei mesi fa.

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