Proposta una legge a tutela degli ex pazienti oncologici, per evitare trattamenti discriminanti

Fondazione Veronesi spinge per una legge che garantisca il diritto all’oblio. Spesso a chi guarisce è precluso l’accesso a servizi assicurativi e finanziari, nonché alle procedure di adozione

Un documento a difesa dei diritti, della salute e della dignità degli ex pazienti oncologici, ma non solo. La Fondazione Umberto Veronesi, attraverso il proprio Comitato etico, chiede di agire subito per il riconoscimento, in Italia, del diritto all’oblio oncologico. Si tratta di un tema molto dibattuto, con pareri favorevoli e contrari, ma che non può non essere posto all’attenzione dell’opinione pubblica.

«Oggi, grazie ai progressi compiuti dalla ricerca scientifica – spiega Marco Annoni, bioeticista e coordinatore del Comitato etico di Fondazione- sempre più persone riescono a guarire da un tumore, superando così l’idea per cui una malattia oncologica equivalga ad una condanna a morte». Rispetto alla popolazione generale però, gli ex pazienti oncologici riportano un numero maggiore di trattamenti discriminatori e di rifiuti nell’accesso a servizi finanziari e assicurativi, nonché alle procedure di adozione.

Chiedere un mutuo per l’acquisto di una casa, ad esempio, ancora oggi per una persona che ha un passato di malattia neoplastica è spesso un problema. Allo sconforto per il diniego si aggiunge così spesso la consapevolezza che, senza norme precise in materia, difficilmente qualcosa potrà cambiare.

Il quadro normativo

«Nella passata Legislatura – aggiunge Annoni - veniva presentato al Parlamento un disegno di legge che intendeva introdurre anche in Italia il cosiddetto “diritto all’oblio oncologico”, tuttavia mai approvato». Il Comitato etico di Fondazione Umberto Veronesi ha così preparato e diffuso un documento in cui informa sui fenomeni di discriminazione che molti ex pazienti oncologici devono subire quotidianamente. Il testo illustra anche il quadro delle normative adottate sul tema da altri Paesi europei e la posizione delle istituzioni dell’Unione Europea. Nel documento il Comitato avanza, inoltre, alcune raccomandazioni in merito all’auspicata futura disciplina italiana sul diritto all’oblio oncologico.

In Europa, ad esempio, il primo paese ad aver introdotto una norma in materia è stata la Francia nel 2016. Più recentemente, altri paesi come il Belgio (2019), il Lussemburgo (2019) e i Paesi Bassi (2020) hanno deciso di adottare iniziative legislative simili.

Il documento è pubblicato sul sito di Fondazione Umberto Veronesi (www.fondazioneveronesi.it) e prossimamente anche nella rivista scientifica, ad accesso libero e con revisione paritaria a cura del Comitato etico, The Future of Science and Ethics.

«Dopo la guarigione – prosegue il bioeticista - ogni persona che ha sconfitto un tumore merita di tornare alla propria vita, senza discriminazioni in base alla propria storia clinica. Negli ultimi trent’anni, infatti, lo sviluppo di nuovi percorsi diagnostici e di cura ha permesso una crescita costante della popolazione guarita da neoplasie». Per cui oggi si stima che, a cinque anni dalla diagnosi oncologica, tre persone su cinque siano ancora in vita, e i dati relativi ai pazienti in età pediatrica sono ancora più incoraggianti.

In Europa, ci sono venti milioni di persone ancora in vita dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore, il cui 35% appartiene al gruppo dei cosiddetti “lungo sopravviventi” (“long-term survivors”) e cioè coloro che hanno ricevuto l’ultima diagnosi almeno dieci anni prima e che da allora non hanno avuto alcuna ricaduta o recidiva.

Anche in Italia i numeri sono in costante miglioramento. A fronte di 3,6 milioni di persone che hanno sofferto di tumore, oltre un milione (il 27%) possono essere considerate definitivamente guarite. «Tuttavia, superare la malattia a livello clinico – aggiunge - non significa smettere di essere considerati dei pazienti. Lo stigma associato all’essere stati pazienti oncologici può tradursi in vere e proprie discriminazioni che possono incidere in modo negativo sulla qualità di vita delle persone e sul rispetto della loro dignità e autonomia, a volte anche decenni dopo la guarigione».

Come sottolineano dal Comitato per accedere ad alcuni servizi finanziari, bancari e assicurativi spesso le persone devono dichiarare le neoplasie da cui sono state affette in passato, e pertanto possono essere classificate come clienti “a rischio”, con conseguente aggravio del trattamento. Secondo un’indagine della Irish Cancer Society, il 75% delle persone colpite dal cancro pensa di non essere stata trattata in modo equo riguardo all’accesso ai servizi finanziari. Inoltre, essere sopravvissuti a una diagnosi oncologica può altresì influenzare in alcuni casi il giudizio di idoneità all’adozione, e dunque alla genitorialità.

Entro il 2025

Per tutelare gli ex pazienti oncologici da queste forme di discriminazione, come detto, negli ultimi anni diversi paesi europei hanno deciso di dotarsi di legislazioni a favore del riconoscimento del “diritto all’oblio oncologico”: lo scopo di queste normative è quello di stabilire dei termini temporali oltre i quali, dopo la guarigione, gli operatori finanziari e altre realtà non possono più esigere informazioni in merito alla storia clinica pregressa di chi è guarito da un tumore. Inoltre, con risoluzione del 16 febbraio 2022, il Parlamento europeo ha chiesto che – entro il 2025 – tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all’oblio oncologico agli ex pazienti dopo dieci anni dalla fine del trattamento (tale termine è ridotto a cinque anni per i pazienti minori d’età).

Su esempio delle altre esperienze europee, nella passata Legislatura è stato presentato al Senato della Repubblica un disegno di legge recante “Disposizioni in materia di parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche”, al fine di introdurre anche in Italia il diritto all’oblio oncologico, che tuttavia non è stato mai tradotto in testo normativo.

Campagne di informazione

In un parere rilasciato recentemente il Comitato etico di Fondazione Umberto Veronesi, oltre ad auspicare la rapida adozione da parte del legislatore di una disciplina nazionale in materia, evidenzia altri aspetti di cui il dibattito pubblico e la discussione parlamentare dovrebbero tenere conto, al fine di riconoscere maggiori livelli di garanzia della dignità e dell’eguaglianza delle persone guarite da neoplasia.

Nello specifico, le raccomandazioni avanzate dal Comitato etico sono le seguenti: è necessario prevedere campagne di informazione più ampie e mirate, in particolare rivolte alle persone che intraprendendo un percorso di adozione e alle persone che ricevono una diagnosi in età pediatrica, nonché alle loro famiglie. Per il Comitato occorre implementare una ricerca maggiormente strutturata, programmatica e continuativa per valutare periodicamente l’esistenza di nuove evidenze scientifiche che potrebbero giustificare, per specifici tipi di neoplasie, termini temporali ridotti per esercitare il diritto all’oblio oncologico, nonché di altre possibili forme e ambiti di discriminazione e diseguaglianza per le persone che sono guarite da un tumore.

«Solo implementando tutti questi accorgimenti – conclude Annoni - saranno adeguatamente garantiti i diritti, la salute e la dignità degli ex pazienti oncologici, evitando così che una diagnosi di tumore si traduca in una sorta di doppia condanna, la prima inflitta dalla malattia e la seconda inflitta dallo stigma che permane anche dopo la guarigione».

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