Il gelato non è
uguale per tutti

Pietrangelo Buttafuoco - che è un genio – un paio di giorni fa a “Otto e mezzo” su La7 ha chiosato così la polemica sulle foto del ministro Marianna Madia pubblicate dal settimanale “Chi”: «Se fossi suo marito, darei uno schiaffo a Signorini. Anzi, se fossero ancora quei tempi, lo sfiderei a duello».

Nel suo mondo magico e cavalleresco, coltissimo e straboccante di richiami e citazioni letterarie magnifiche e spesso inquietanti, perché così lontane dal flusso della culturetta politicamente corretta che ingombra le nostre librerie, lo scrittore e giornalista siciliano sanerebbe nel modo più nobile l’offesa perpetrata da quelle immagini che ritraggono il titolare della pubblica amministrazione mentre lecca un cono in macchina e sono corredate dal titolo di gran classe “La Madia ci sa fare col gelato”. Ora, non è che ci sia tanto da star lì a discutere e discettare e ponzare su quella titolazione e la sua genesi e se questa scelta vada incastonata nel filone del giornalismo popolare che all’estero, in special modo nei paesi anglosassoni, ha fatto le fortune di riviste e quotidiani e che quindi possa essere coerente con una divulgazione che punta sugli aspetti più truci, sanguinolenti e morbosi della vita quotidiana delle masse e tutto il resto della sociologia da retrobottega che ha ammorbato l’ennesimo dibattito tra i nostri scienziati della comunicazione. Diciamoci la verità. Il titolo di “Chi” non è sbagliato. Non è offensivo. Non è volgare. E non è neppure riprovevole. Il titolo di “Chi” – assieme al servizio, alle foto e a chi lo ha commissionato – fa semplicemente vomitare. Dopo averlo letto, serve solo una cosa: un secchio e uno straccio per pulire per terra. Punto.

Il problema vero, però, è un altro. Ed è qui che anche la soluzione prospettata da Buttafuoco, se non scorretta, è di certo insufficiente. Perché di schiaffi – morali, naturalmente, qui siamo tutte persone perbene – bisognerebbe darne molti di più. E soprattutto ai censori, agli esteti, ai soloni e ai ventriloqui della doppia morale, secondo i quali il gelato della Madia è uno scandalo intollerabile – e lo è – con tanto di procedimento disciplinare di quel consesso di formidabili tromboni dell’Ordine dei giornalisti ai danni del direttore di “Chi” Alfonso Signorini, mentre invece il calippo della Pascale è un giusto contrappasso e degli stimati professionisti tutti quelli che hanno infiorettato indimenticabili corsivi sghignazzanti sulla vita di nequizie della belvetta napoletana.

Farisei. Filistei. Sepolcri imbiancati. Una donna è una donna. Una vale una. E non esistono discrimini politici, sociali o economici che possano prevedere trattamenti differenziati tra una e un’altra e quindi su questo, almeno su questo, non può esserci alcuna differenza di status tra la trucida amante di Berlusconi e quella seriosissima di Togliatti. Sempre di pupe del boss stiamo parlando. Adesso, invece, è tutto un florilegio di indignazione e scandalo e vergogna nazionale e dagli al maschilista, al machista, al sessista che usa il settimanale come una clava con cui randellare nemici ed ex amici del padrone, ridicolizzandone i difetti fisici e amplificando, se si parla di donne, allusioni sessuali ad alzo zero ed è ora di finirla e giornalismo spazzatura e spurgo di fogna che viene su dal peggio del peggio della panza degli italioti antropologicamente inferiori e massificati da vent’anni di televisione consumista e di donne oggetto, donne soprammobile, donne barbie e non c’è rispetto e non c’è dignità e non c’è serietà e bla bla bla. E come si permettono di infierire sulla Madia e il suo gelato e sulla Boldrini e il suo toy-boy e sulla Boschi e le sue cosce e sulla Giannini e il suo topless, sennò dove andremo a finire, signora mia?

Qualche tempo fa, invece, le matte risate che ci siamo fatti tutti quanti insieme sulla Carfagna e le sue acrobazie televisive, sulla Brambilla e i suoi cavalli, sulla topolona Elvira Savino, sulla Minetti e i suoi igienismi dentali, sulla Gelmini e i suoi occhialetti viziosi da zia secca, sulla Santanchè e i suoi zigomi smerigliati e su tutto il resto del variopinto harem di centrodestra, vero falansterio di Sodoma e Gomorra. E che ammiccamenti e che battute a triplo senso e che sfilate di comici progressisti che sulla carne da macello della destra femminile hanno costruito mirabolanti carriere, magari pure sulle reti Mediaset. Adesso non ce lo ricordiamo più? E quella che saltava da un letto all’altro e quell’altra che lo sappiamo tutti come ha fatto carriera e quell’altra ancora che adesso te lo spiego io in che materia ha fatto il master e a sinistra la Serracchiani che accarezza bimbi poveri mentre a destra la Rossi che picchia mendicanti rom, la Bonafè che passa le domeniche a pulire i graffiti dai muri della canonica e la Calabria che partecipa al corso di burlesque, la Mogherini che legge la “Critica della ragion pratica” e la Biancofiore che guarda le figure delle “Cinquanta sfumature di grigio” e la Giammanco che lavora al night e la Renzulli che mangia con le mani e la Comi che si mette le dita nel naso e la Saltamartini che tira lo sciacquone...

Bello vero? E come mai lì non si è mai indignato nessuno, donne comprese? Che c’è, le parlamentari e le ministre di centrodestra – per quanto di tale inadeguatezza che la metà si dovrebbe spedirla a servire ai tavoli, ma non è che dall’altra parte vada tanto meglio - fanno ribrezzo, hanno la peste, sono contagiate dall’Ebola? Sono marchiate sulla schiena? Hanno l’anello al naso? O forse erano degli strumenti grazie ai quali combattere una battaglia politica killeristica che aveva un obiettivo ben più alto? Lì niente. Assordanti silenzi. Sovrumane quieti. Millenari sonni dei cervelloni dell’Ordine dei giornalisti, in ben altre e misteriose faccende affaccendati.

Questo è il vero schifo della questione. Molto più del caso Madia. E per essere uno schifo più schifoso di quelle foto schifosissime, deve essere davvero un grande schifo.

[email protected]

@DiegoMinonzio

© RIPRODUZIONE RISERVATA