Il filo sottile della geopolitica
«E il caos in Russia è un rischio»

Il politologo Andrew Spannaus sulla possibile evoluzione del conflitto in Ucraina

Interessante, nel corso dell’evento promosso da Acinque al Campus di via Previati a Lecco, anche l’intervento di Andrew Spannaus, politologo, docente, scrittore e giornalista, che ha delineato al numeroso pubblico presente in sala il quadro delle relazioni politiche ed economiche internazionali.

La sua analisi ha preso piede dalla profonda trasformazione che ha interessato il mondo occidentale tra gli anni Sessanta e Settanta e che nei Paesi occidentali ha portato la finanza ad essere più importante dell’economia reale, teorizzata come il vero volano della crescita ma alla base di crisi profonde come quelle russa, argentina e, naturalmente quella mondiale del 2008

«Si sono avuti poi effetti economici e politici. Tra questi ultimi indico due parole: Donald Trump. La sua campagna elettorale è stata condotta contro la globalizzazione, cioè la perdita di decine di migliaia di fabbriche e milioni di posti di lavoro verso il Messico e la Cina, e contro le guerre e i miliardi di dollari buttati in queste. Un personaggio di questo tipo non avrebbe mai vinto se non avesse trovato un disagio nella classe post industriale nella zona del Midwest e nelle persone che vedevano il declino del ruolo produttivo dell’America».

Al di là degli interventi che ha realizzato effettivamente sul piano economico (nuova politica industriale con azioni specifiche sulle catene di valore, nuovi accordi commerciali con Messico e Canada, un diverso atteggiamento rispetto alla Cina), durante la sua presidenza si è affermato un altro cambiamento rilevante.

«Durante la pandemia il Governo Usa ha speso il 30% del Pil in un anno e mezzo per dare soldi alla popolazione e stimolare l’economia. Lo hanno fatto anche Gran Bretagna e Giappone, l’Europa in misura minore. Ma il cambiamento grosso è stato quello della finanza, con la Fed che prendeva ordini dal Tesoro Usa. Si è dimostrato che nei Paesi che hanno una sovranità monetaria, e l’Italia non è tra questi, il debito pubblico non ha nessuna importanza».

Spannaus si è quindi soffermato sulla guerra economica contro il Cremlino, che ha provocato un cambiamento importante in Russia. «Putin non era la destra, ha sempre cercato un dialogo con l’Occidente, concedendo qualcosa alla fazione nazionalista ma cercava di mantenere i rapporti con Europa e Usa, pur alzando a volte la voce. Adesso la situazione è cambiata, perché le sanzioni stanno obbligando Mosca a seguire questa nuova direzione». Una direzione che prevede anche la creazione di nuovi sistemi di pagamento in sostituzione di quelli che sono stati negati.

«Le sanzioni fanno male al Cremlino, ma dobbiamo chiederci dove stiamo andando. In primo luogo bisogna evitare il caos interno alla Russia perché sarebbe pericoloso. Ma a parte questo, se non si cambierà linea si creeranno nel mondo strutture economiche e finanziarie in cui l’Occidente non potrà più influire».

La questione ora, ha concluso, è come sarà la sfida con Russia e Cina, anche se la vera partita sarà con la seconda. «Sarà competizione tra grandi potenze, con anche collaborazione dove possibile, o sarà scontro diretto e armato? La prima opzione ovviamente è migliore, ma nei prossimi mesi capiremo meglio come andrà, perché la situazione in Ucraina apre scenari molto negativi se non decidiamo di tornare a far vincere il nostro sistema con la competizione e pensiamo di imporre la vittoria. Possiamo avere ragione su tutto, ma se anche gli altri hanno le bombe nucleari dobbiamo comunque parlarci».

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