Grande Como e le due visioni

Grande Como (città) e grande Como (squadra). Un’ideale copertina di uomo dell’anno a Como sarebbe, tanto per stare nell’evergreen, “Una poltrona per due”, divisa tra l’empatico allenatore del Como, Cesc Fabregas e lo scorbutico sindaco della città, Alessandro Rapinese. Paragone azzardato o affascinante? Fate voi. Di certo sono stati i personaggi che, nel bene (magari il primo) e nel male (il secondo) hanno fatto più parlare di loro in questo 2025. E per entrambi oltre che per i contesti in cui operano, la società Calcio Como e la città, ci sono prospettive e visioni che li riguardano. Certo, possiamo capire chi vedendo la parola “visione” associata al nome dell’attuale sindaco del capoluogo, anche e soprattutto dopo gli ultimi sfoghi assolutamente contrari non solo al senso delle istituzioni, ma anche al buon senso, sia tentato di voltare pagina o lasciare campo libero al sarcasmo. Eppure, il nostro don Lisander o Capitan Fracassa a seconda dei punti di vista, la possiede e con molte sfaccettature, per la città che amministra. Certo forse è difficile da cogliere, soprattutto per colpa sua, per quel suo modo di comunicare come se avesse sempre davanti un nemico immaginario. Nella bella intervista rilasciata a Gisella Roncoroni che pubblichiamo oggi nelle pagine di cronaca di Como, dice che non è causale. Vai a capire... Allora è più facile inoltrarsi nella visione di Cesc. A lui va dato innanzitutto atto di essere rimasto alla guida dei biancazzurri nonostante sirene talmente importanti e intense che avrebbero portato Ulisse a strapparsi di dosso le corde che lo legavano all’albero maestro. Fabregas è uomo dell’anno perché ha compiuto un’importante impresa: quella di trasformare la squadra cittadina da provinciale, a volte anche di lusso, a protagonista del palcoscenico della serie A, ammirata in Italia e non solo. Certo, il merito è anche di una società dai mezzi sterminati e una spiccata attitudine nel fare business. Ma il tecnico, bisogna riconoscerlo, con il gioco e la capacità comunicativa, aiutata anche dal suo passato da calciatore (che però senza risultati in panchina conta poco) ha fatto da cassa da risonanza.

La sua visione prospettiva è quella di una squadra in grado di rimanere in alto e composta soprattutto da giocatori italiani cresciuti nella “cantera”. Se qualcuno pensa a un Barcellona di alcuni anni fa che vedeva Fabregas tra le sue fila ci azzecca. E però Como non è la capitale della Catalogna.

E qui potrebbe innestarsi anche la visione dell’altro controverso protagonista dell’anno al fischio finale. Cos’è la “grande Como” che unisce il capoluogo a Cernobbio, San Fermo e Brunate e viceversa se non una di quelle grandi scelte strategiche che, da queste parti, non si vedono da quarant’anni. Una nuova identità più forte e più grande con benefici per la gestione del turismo, dei servizi in un’ottica comprensoriale e perciò più efficiente e funzionale. E anche un maggior potere contrattuale sul versante delle infrastrutture da realizzare e progettare. La “grande Como” non è insomma solo il mettere le mani sugli ingenti incassi del parcheggio dell’ospedale Sant’Anna. Anzi, sarebbe bello proporre, una volta realizzata l’impresa di renderlo gratuito, per recuperare le risorse altrove, magari grazie a questa scelta.

Certo come sempre, Rapinese pecca, e parecchio, nel modo di porre e comunicare le questioni. Di battaglie per la conquista di San Fermo, ne basta una. Ma sbagliano anche i suoi colleghi che ragionano solo in un’ottica speculativa ed elettoralistica. Perché non parlarne, almeno, superando personalismi e ottiche limitative.

Difficile cogliere altri segnali della “visione” di Rapinese nei provvedimenti che rimodulano le tariffe dei parcheggi in centro con l’introduzione di quelle “vulcano” e la riduzione dei posti spettanti a residenti. Si potrebbe fare pensando a come l’overtourism ha cambiato il cuore di Como, certo non in meglio per i cittadini. E se l’intervento, purtroppo e mannaggia anche questo scomposto, sulla riduzione dei tavolini assieme agli altri elementi introdotti nelle normative per l’occupazione del suolo pubblico, può apparire un harakiri elettorale (ma con una lettura più approfondita le cose sono diverse), di certo è qualcosa che va nella direzione di tutelare la comunità dagli eccessi di un turismo che rischia di penalizzare più di quanto non stia premiando. Il treat d’union delle due visioni, quella di Cesc e di don Lisander è lo stadio Sinigaglia. Qui magari la visione rischia di offuscarsi un po’ visti gli ultimi non accadimenti e lo scontro d’interessi che vi sta dietro. Il 2026 potrebbe e dovrebbe essere un anno chiarificatore, altrimenti potrebbero essere guai. E a proposito dell’anno che verrà, foriero di manovre pre elettorali visto che si vota per il Comune di Como nella primavera successiva. Si vocifera negli schieramenti sulla possibilità di lanciare una donna nella sfida al sindaco uscente che vuole rientrare (salvo eventuali altre mire). Chissà allora se la prossima volta potremo parlare di donna dell’anno?

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