La Lega e il Pd così diversi e così uguali

Così diversi, così uguali. Lega e Pd, alla fine, ora assieme a FdI, sono rimasti gli unici due partiti di massa, con un’organizzazione che ricorda quelle della prima Repubblica.

Queste sono affinità, poi vi sono le differenze. La Lega è al governo, i Dem all’opposizione. Il movimento del Carroccio e sovranista, l’altro è sulla sponda opposta (quale sia non è ben chiaro). Entrambi stanno celebrando i congressi o si accingono a farlo e in questo sono unici. Tutti e due vivono una fase molte tormentata. Del Pd si sa. Dopo la batosta elettorale e la continua emorragia di voti vi è la necessità di ricostruire tutto, attraverso una nuova leadership che, con ogni probabilità, arriverà dall’Emilia Romagna con Stefano Bonaccini o Elly Schlein, uniti a Bologna in quanto presidente e vice della Regione, e divisi a Roma in veste di contendenti alle primarie per la nuova segreteria. Sarà, per dirla con Francesco Guccini, qualcosa tra la “Via Emilia e il West” delle correnti in perenne movimento e contrasto. Come ricostruire un partito così malmesso ancora non è chiaro e chissà mai se lo sarà, ma questa è una specialità della casa.

La Lega presenta un po’ gli stessi sintomi: consensi in caduta e identità sempre più incerta o comunque malvissuta da molti militanti specie al Nord.

Dove addirittura si è avvertita la necessità di richiamare in servizio Umberto Bossi, il fondatore, anziano e molto malato per chiedergli di guidare un progetto politico che, anche qui non è chiaro, potrebbe portare alla scissione o a un cambio di vertice linea del movimento che dovrebbe (nelle intenzioni dei promotori) tornare a rappresentare soprattutto il Nord del Paese, nel momento in cui l’attuale leader, Matteo Salvini, sembra avere in testa solo il ponte di Messina. I congressi locali del Carroccio hanno visto il segretario andare sotto in realtà importanti della Lombardia come Bergamo e Brescia, se l’è cavata invece per il rotto della cuffia a Varese, culla del movimento, e meglio a Como, dove però non sono mancati i malumori per la scelta di Laura Santin moglie del coordinatore regionale della Lega, Fabrizio Cecchetti. E ancora devono essere celebrate molte asssise nel Veneto dove i malpancisti guardano a Luca Zaia, plebiscitato presidente della Regione per un eventuale dopo Salvini.

La decisione di alcuni ex leghisti o dissidenti di appoggiare Letizia Moratti nella corsa alla presidenza della Lombardia contro Attilio Fontana, peraltro non visto male dai frondisti, rischia di essere il detonatore che farebbe esplodere il Carroccio. Certo, a differenza del Pd che cambia i segretari come calzini, nella Lega, che ha mantenuto l’impostazione “leninista” che le aveva dato proprio Bossi, non è facile sostituire il leader. Ma l’impressione è quella di un Salvini in difficoltà sempre crescente anche perché lasciato ai margini del governo da Giorgia Meloni.

Insomma sia il Pd sia la Lega sono come quei personaggi pirandelliani che vanno alla ricerca di sé stessi. E hanno bisogno di ritrovarsi in fretta perché altrimenti a beneficiare dei loro tormenti saranno sempre di più Fratelli d’Italia da una parte e Cinque Stelle e Terzo Polo dall’altra.

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