La lezione di Draghi
tra furbizia e buon senso

“Il Green pass è il lasciapassare verso la normalità”. “No, è un intollerabile arbitrio che discrimina e traccia i cittadini”.

Nell’Italia di Coppi e Bartali, Mazzola e Rivera, Dc e Pci nun te reggae più, era inevitabile che anche la decisione del governo sull’obbligo della certificazione vaccinale per poter fare alcune cose della vita quotidiana finisse in curva sud. Per fortuna, o purtroppo a seconda dei punti di vista, c’è Mario Draghi che è come il Marchese del Grillo, lui è lui e gli altri non sono niente (citazione depurata ad uso di qualche casuale minorenne che si dovesse imbattere in questo scritto).

Gli altri, in questo caso, sono i partiti. Giovedì, idealmente, il presidente del Consiglio, come il nobile romano interpretato sul grande schermo da Alberto Sordi, ha lanciato dal balcone monetine ripassate prima nelle braci roventi del camino. Un cadeau scottante destinato agli alleati Matteo Salvini, per quanto attiene al nuovo decreto anti Covid, e Antonio Conte, a proposito dell’annunciata fiducia posta sulla riforma della giustizia.

E il bello è che i due hanno raccolto il dono senza fare una piega. Da ciò si capisce che il presidente del Consiglio è in grado di fare quello che vuole quando vuole e che la sua maggioranza conta quanto le decorazioni di plastica che alcune pasticcieri mettono sulle torte.

Democrazia sospesa? Può essere. Per quanto la faccenda sia ormai datata. Se si pensa che per vedere l’ultimo capo del governo indicato (non eletto, per carità, questa è una Repubblica parlamentare) dai cittadini tocca risalire all’ormai geologico Berlusconi, anno di grazia 2008. Da lì, con Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte uno e due e Draghi è stato tutto un susseguirsi di eventi estranei alla volontà degli elettori. E poi uno dice che la gente non va più a votare. La colpa però è degli eletti, dalla qualità di un ceto politico sempre più scadente che si può rimpiazzare con un tecnocrate il quale, almeno, dalla sua ha il fatto di aver studiato. E questo lo pone e una spanna sopra quasi tutti.

Per quanto riguarda l’obbligo del Green pass che si muove nel confine sempre meno impermeabile, causa pandemia che non smobilita, tra sicurezza e libertà, è comunque la solita soluzione all’italiana o se preferite ributtarla in politica, alla democristiana. Poiché non si osa imporre l’obbligo di vaccino dato che nessun altro Paese lo ha fatto, allora, l’ostacolo viene aggirato. Alla francese. Vuoi andare al ristorante d’autunno? Vaccinati. Hai voglia di tornare al cinema, al teatro, in palestra, allo stadio ecc…? Idem. Insomma si vanno a toccare gli italiani negli affetti più cari: il Campari con il bianco e il tifo sugli spalti. Giusto ti lasciano il caffè al bancone del bar. Del resto, il tempo libero non è un dogma e neppure una necessità. Con la variante Delta al galoppo, l’unica alternativa era lasciare tutto così e cercare un’immunità di gregge al prezzo di morti a centinaia e strutture sanitarie ancora al collasso. Con il ritorno, inevitabile, alle chiusure, ai rosari di lamentazioni delle categorie, ai ristorni, ai bollettini di guerra quotidiani. Almeno questo ci dice la scienza ufficiale.

Perciò alla fine, quando Draghi afferma che la scelta dell’introduzione dell’obbligo di esibire il Green pass in alcune situazioni serve a evitare il ritorno alla chiusura di alcune attività, fa solo un’attestazione di buon senso. Qualcosa che gran parte dei nostri politici e di riflesso anche noi, abbiamo smarrito. E questo porta qualcuno a vedere nel premier un novello Himmler che impone marchi sulla pelle degli italiani no vax. Altro discorso è quello degli effetti, eventuali, dei vaccini. Purtroppo, ne siamo consci, data l’urgenza di metterli a punto per arginare la furia sterminatrice del virus, lo scopriremo solo vivendo e dobbiamo solo sperare che io me la cavo.

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