Pirandello e il Pd uno, nessuno,
centomila

Pirandello e il Pd uno, nessuno, centomila

Nel mitico sketch dell’Ottavo Nano di alcuni anni fa, Corrado Guzzanti nei panni di Walter Veltroni non poteva candidare premier Amedeo Nazzari perché “morto”. Lo stesso impedimento vale per il grande Luigi Pirandello al vertice del Pd, ed è un peccato perché l’autore di “Uno, nessuno , centomila” potrebbe davvero essere la persona adatta per guidare il partito più multiforme e in crisi d’identità della politica italiana. Un esempio mirabile è quello offerto al Parlamento europeo dove i dem sulla risoluzione che definisce la Russia Stato terrorista (non proprio un provvedimento che stabilisce la misura delle aringhe) sono riusciti a dire “sì”, “no” e ad astenersi. Così non si sbaglia, potrebbe dire qualcuno. Ma questo, e soprattutto il silenzio neppure assordante del gruppo dirigente sulla faccenda, è davvero emblematico di cosa sia oggi il Pd dopo la batosta elettorale che lo ha privato di quel potere al governo a lungo detenuto senza oltretutto quasi ma vincere un’elezione.

Con ogni probabilità era l’unica cosa che teneva insieme un partito che fin dalla culla non è riuscito a trovare un’identità, anche se ha saputo selezionare un più che valido personale politico alla base con i sindaci forse perché per amministrare un Comune non occorre una rotta politica precisa, o anche perché così si è rimasti lontani dalle faide al vertice che hanno sempre accompagnato il percorso dei vari martoriati segretari che si sono avvicendati nei primi quindici anni di vita.

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