Se si spara alle idee
nessuno è al sicuro

E’ il senso più profondo dell’articolo 21 della Costituzione italiana: anche Hitler ha diritto alle proprie idee. E pure Stalin. E Mussolini, Ceausescu, Honecker, Pol Pot, Pinochet, Videla, Franco, Saddam Hussein, Assad e tutto il resto dei dittatori, criminali, sterminatori e genocidi che vi vengono in mente. I nomi non mancano, a destra, a sinistra e pure al centro.

Quindi Hitler ha diritto di pensarla come vuole. Non ha però diritto di istigare gli altri, fare propaganda delle sue idee e, tanto meno, non ha diritto di tentare di metterle in pratica. In quel momento, visto che violerebbe un nutrito numero di articoli del codice penale, andrebbe fermato e arrestato. Ma anche in questo caso, l’Hitler di cui sopra avrebbe diritto a un giusto processo con tutte le garanzie fisiche e legali, a un avvocato difensore e a tre gradi di giudizio. E qualora venisse condannato in via definitiva a plurimi ergastoli avrebbe diritto a una carcerazione rispettosa di un essere umano con tanto di visite parenti, luce, acqua, riscaldamento, ore d’aria e quattro pasti al giorno. Anche se è Hitler. Siamo d’accordo?

Perché se non siamo d’accordo su questo paradosso, che però è solido come il marmo, significa che la democrazia liberale è finita. La nostra civiltà, la nostra storia recente, il nostro vituperato e schifoso e lurido Occidente che ci piace tanto insultare e infangare e diffamare da mane a sera prevede che nessuno - nessuno! - possa essere perseguito o condannato o tanto meno ucciso per aver espresso la propria idea. L’idea è sacra. Che sia politica, religiosa, economica, sociale, sessuale. Che sia angelica o luciferina. L’idea è sacra. E sacro è colui che la pensa. Anche se è Hitler. Soprattutto se è Hitler. “Nessuno tocchi Caino”. Non è così che recita quella benemerita associazione che si batte contro la pena di morte?

Il tema, tornato di attualità dopo l’uccisione di Charlie Kirk, il giovane conservatore americano, voce tra le più note, influenti ed efficaci del trumpismo e dell’ideologia Maga, è di quelli terribili. Una trappola nella quale, anche se armati delle migliori intenzioni, è facile, spinti dall’emotività del momento, dire fesserie e farsi soggiogare dal moralismo ideologico che da decenni avvelena il dibattito politico italiano, di livello miserabile già di suo. E infatti non è mancato chi, come lo scienziato Piergiorgio Odifreddi - al quale va tolto immediatamente il fiasco - ha detto che sparare a Kirk è diverso che sparare a Martin Luther King e chi, fra i tanti intellettualoidi con il ditino alzato, ha sghignazzato che, insomma, quello lì se l’è andata a cercare.

E quando ti sei infilato in questo fangoso percorso mentale è finita per davvero. Perché da qui in avanti non si scappa. Significa che certe idee sono intoccabili e altre no, che certe persone sono intoccabili e altre no, che certe idee possono essere vietate e altre no – Kirk, ad esempio, non lo avrebbero fatto parlare in metà delle università italiane - e che quindi è legittimo sparare a uno che la pensa diversamente da te. E Kirk, in effetti, ne diceva di grandi e di grosse ed era iper ideologico e triviale e raccapricciante sul tema dei diritti delle minoranze sessuali, ma è stato ucciso mentre discuteva della sua idea con un pubblico che non la condivideva, ripetendo il suo slogan oggettivamente efficace e per nulla violento: “Dimostrami che sbaglio”. E lo hanno ucciso a fucilate. Hanno ucciso un uomo. Hanno ucciso un’idea. Hanno ucciso la libertà di parola.

Non è la stessa cosa che è successa ai vignettisti di “Charlie Hebdo”? Non esprimevano un’idea anche loro? Non criticavano la religione cattolica e soprattutto musulmana in termini dissacranti, volgarissimi, spesso inaccettabili, al di là dell’empietà e dello schifo, e per questo li hanno ammazzati come cani? Uccisi per un’idea. Qual è la differenza con Kirk? Ma se è lo stesso - ed è lo stesso - perché il giorno dopo eravamo tutti in piazza a indignare e a sventolare e a ululare “Je suis Charlie!” e qui invece di questo poverocristo non interessa niente a nessuno e ne abbiamo vista di gente - specie nei giornali - ridersela sotto i baffi? In Italia abbiamo un pregiudicato condannato in tutti i gradi di giudizio come mandante dell’omicidio del commissario Calabresi, Adriano Sofri, che giustamente collabora da anni con importanti giornali nazionali sui quali esprime giustamente le sue idee e per quanto a chi scrive questo pezzo un uomo del genere faccia vomitare, deve poter esprimere la propria opinione su tutto. Perché è questa - se mai ce n’è una - la “superiorità” della civiltà occidentale sulle altre. Lasciare la voce anche ad avanzi di galera come quello. E’ chiaro?

E poi, chi lo decide qual è l’idea giusta e quale no? Si può sparare all’abortista e non all’antiabortista o viceversa? Si può sparare al gay e non all’etero o viceversa? Si può sparare al comunista e non al fascista o viceversa? Si può sparare all’ateo e non al credente o viceversa, all’ebreo e non al palestinese o viceversa? E chi lo decide, di grazia? Chi si prende questo potere? Chi ha la Verità in tasca? Chi è questo Papa Re che separa il grano dal loglio? Il Sinedrio dei Tartufi in servizio permanente effettivo, forse? Il Club degli Intelligenti? Gli Ayatollah del Pensiero Unico Collettivo? I Farisei Mallevadori da Terrazza? Il Maxi Trombone del Sindacato dei Giornalisti? Chi lo decide chi può parlare e chi no?

Il dramma strisciante della nostra civiltà marcia, cellulitica e decadente è quello di aver perso completamente i fondamentali della propria storia e di essere vittima dell’ansia della soppressione del dissenso, dell’idolatria del mono pensiero, del moralismo malmostoso che se le elezioni non le vinco io, allora sta tornando il fascismo. E contro il fascismo si può sparare. Ridicolo. Comico. Tragico.

Una fucilata contro le idee di Charlie Kirk è una fucilata contro le idee di tutti. Stiamo attenti. Magari il prossimo proiettile, se non pensiamo la cosa “giusta”, ce lo becchiamo noi.

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