Se togli la kefiah
spunta il fascista

In una pagina memorabile de “La solitudine del satiro” Ennio Flaiano ricorda una definizione dello scrittore e pittore Mino Maccari passata giustamente alla storia: “Il fascismo si divide in due parti: il fascismo propriamente detto e l’antifascismo. Tutti e due vogliono un partito autoritario, nessuno vuole la libertà. Ossia ognuno vuole la sua versione della libertà, che consiste nel sopprimere quella dell’altro”.

È una chiave di lettura dell’antropologia del nostro povero paese talmente perfetta da essere diventata un classico. Vale sempre. Soprattutto quando, in un momento così drammatico da un punto di vista geopolitico come l’attuale, in Italia la tragedia trascolora inesorabilmente nella farsa. Ora, è del tutto pacifico che il fascismo sia un fenomeno morto e sepolto nel 1945, che non esiste più e non ha alcuna possibilità di tornare - a queste scemenze possono credere solo i variegati tromboni che affollano i talk show sinistroidi anti Meloni, una che non sarebbe in grado di rifondare il fascismo nemmeno nel suo condominio - ma la mentalità, l’atteggiamento, la postura, la violenza verbale è invece un virus che circola ancora, eccome, e dà ragione alla tesi del “fascismo eterno” secondo la celebre argomentazione di Umberto Eco.

Ne abbiamo avuto la prova plastica in un episodio agghiacciante avvenuto pochi giorni fa a Reggio Emilia e che è facilmente reperibile su Google. Quattro minuti allucinanti. Quattro minuti pedagogici. Sembrava l’interrogatorio dell’anarchico da parte delle camicie nere in “Amarcord”, un pestaggio ambientale e mediatico, un’umiliante manganellata in diretta in un teatro cittadino pieno di sindaci in fascia tricolore, una bicchierata di olio di ricino psicologico talmente sfrontata da far capire quanto avesse ragione Maccari a definire in quel modo “fascismo” e “antifascismo”. Basta sostituirli con “gazismo” e “anti gazismo” e il gioco è fatto. E quindi se oggi, nell’anno del Signore 2025, esiste ancora il “fascismo”, bene, il “fascismo” è tutto dentro quel video.

Ma vediamo cosa è successo. Il sindaco di centrosinistra di Reggio Emilia, Marco Massari, stava premiando per chissà quali meriti umanitari la relatrice dell’Onu per il territorio palestinese Francesca Albanese, personaggio notissimo, visto che ormai da settimane infesta - sempre con la verità in tasca e il ditino alzato - qualsiasi spazio televisivo da mane a sera, e nel discorso introduttivo si è permesso di chiedere la fine del genocidio dei palestinesi, ma anche la liberazione degli ostaggi israeliani. Un discorso di assoluto buon senso e, oltretutto, molto di sinistra. Apriti cielo. Urla, fischi, insulti, una gazzarra pro Pal degna delle radiose giornate di maggio, delle intimidazioni delle squadracce dei tempi d’oro contro il malcapitato che ha osato difendere gli ebrei rapiti. Ma lo spettacolo vero - le parole sono insufficienti, bisogna proprio guardare il video - è Francesca Albanese che sbuffa, arriccia il naso, ghigna, fa le faccette, i sorrisetti di compatimento, scuote la testa, poi se la prende tra le mani e aizza la folla prima di sentenziare, tra ululati degni dell’assalto ai forni: “Io il sindaco non lo giudico, lo perdono. Però mi deve promettere che questa cosa non la dice più!”. E il sindaco, un personaggio davvero patetico - a proposito, perché non si è ancora dimesso? - costretto a chinare la testa e a umiliarsi giusto per evitare di essere appeso metaforicamente per i piedi a un palco del teatro.

“Io la perdono”? Ma chi sei, il Papa? Il Gran Mufti? L’Ayatollah della Flotilla? Il Sacerdote del Ministero della Verità? Farinacci? Sai Baba? Wanna Marchi? Ma a che titolo questa va in giro a imporre le mani, a separare il grano dal loglio, a guarire gli scrofolosi, a dare patenti di “gazismo” in purezza a chi ritiene lei con tutti gli scappati di casa dell’antagonismo straccione, la canaglia, la suburra, che la venerano come la Dea Kali? Ma dove siamo, nella repubblica delle banane? Questo sedicente avvocato - alla quale bisogna innanzitutto togliere il fiasco - è riuscita a dire che la strage di Charlie Hebdo è stata orchestrata dalla Cia e dal Mossad (lo ha detto davvero), che i terroristi bisogna capirli (lo ha detto davvero), che Liliana Segre - che ha contestato il termine “genocidio” nel caso di Gaza - non è lucida e imparziale (lo ha detto davvero) e che i testimoni della Shoah non hanno titolo per parlare perché se uno ha il cancro non va da un sopravvissuto alla malattia, ma da un oncologo (lo ha detto davvero), oltre a un’altra serie di falsità che solo dei giornalistonzoli con l’anello al naso o dei ragazzini sottoposti al lavaggio del cervello possono bersi impunemente.

Ma la cosa più grave è come la sinistra si sia consegnata mani e piedi a un soggetto del genere, che fa del fanatismo, del radicalismo, della polizia del pensiero, dell’arroganza talebana, della sicumera autoritaria la sua cifra grazie alla quale srotola comizi senza contraddittorio in televisione (e se qualcuno osa smentirla, si alza e se ne va), riceve le chiavi della città da sindaconzoli tremebondi e si sta costruendo un carrierone come segretario del Pd o parlamentare di Avs o presentatrice del Festival di Sanremo o, chissà, tronista a “Uomini e donne” al posto di Tina Cipollari. Ai tempi del Pci, che in tutta la sua storia si è sempre tenuto alla larga dal settarismo cialtrone, una come l’Albanese l’avrebbero messa alla porta a pedate nel sedere e infatti i pochi che a sinistra non hanno ancora portato il cervello all’ammasso (Pasquino, Mentana, Mieli, Gramellini, Serra, Augias) hanno duramente condannato gli sproloqui della giurista e la deriva demenziale che ha preso l’opposizione, alla disperata ricerca di un altro feticcio - o di un altro caso umano? - che dopo Mimmo Lucano, Soumahoro, Greta Thunberg e Ilaria Salis la porti, prima, a giocare allegramente con il mito infantile della “spallata” al regime e, poi, ancora più allegramente a straperdere per l’ennesima volta le elezioni.

Giorgia Meloni è proprio una donna fortunata: è tre anni che non fa niente (anche se lo fa benissimo), ma con questi fascistelli rossi da quattro soldi governerà per altri venti.

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