
In Italia la sinistra le elezioni politiche non le vince mai. Le è successo soltanto due volte, sempre con Prodi, che era tutto fuorché di sinistra. E che in entrambe le occasioni è stato fatto cadere dopo solo un biennio proprio dalla sinistra. Bertinotti la prima, Turigliatto (in compagnia del trasformista Mastella, a dire il vero) la seconda. E questo è quanto.
Non è un giudizio. E’ una constatazione. Ed è un fatto grave, uno dei motivi dell’eterna impasse italiana, della sua palude, perché l’assenza di una prospettiva seria e solida di un’alternanza non favorisce affatto lo sviluppo di un paese occidentale, di una democrazia compiuta, moderna e competitiva, quanto invece la gestione immobilistica del proprio blocco sociale di riferimento, delle rendite di posizione, delle corporazioni, delle protezioni, delle sovvenzioni, delle cooptazioni e bla bla bla. La Dc aveva di fronte a sé l’eternità (il Pci non sarebbe mai potuto andare al governo per ovvi motivi geopolitici) e questo vulnus ha lentamente corroso la Prima Repubblica fino al disastro politico-giudiziario di Tangentopoli. La Seconda Repubblica ha avuto come alternativa al mondo berlusconiano, al netto delle parentesi dei governi Prodi - la sinistra che fa cadere la sinistra perché il vero nemico della sinistra non è la destra, ma la sinistra riformista è la storia tragica e grottesca del Novecento italiano - ha avuto come alternativa vera solo governi tecnici, non governi di sinistra.
E adesso, con la cosiddetta Terza Repubblica, siamo punto e a capo. Giorgia Meloni inizia a intravedere davanti a sé una sorta di ipotesi di “eternità”, non tanto per quello che ha fatto - politica estera realistica, tenuta dei conti ottima, tutto il resto poco o niente, tendente al niente - ma per quello che stanno combinando i suoi sedicenti oppositori, i suoi concorrenti, i partiti che dovrebbero affrontarla e sconfiggerla alle elezioni del 2027.
E questo per un motivo semplicissimo. I fatti hanno la testa dura, i leader di sinistra hanno la testa vuota. E anche questo non è un giudizio, ma una semplice constatazione. Vediamo perché. Nelle settimane scorse sono usciti due sondaggi ben fatti e molto dettagliati di due professionisti autorevoli: Alessandra Ghisleri (che piace alla destra?) e Ilvo Diamanti (che piace alla sinistra?) che analizzano le preoccupazioni più stringenti degli italiani. E la cosa interessante è che i risultati sono in buona sostanza sovrapponibili. Per Ghisleri, al primo posto c’è il costo della vita (40%) seguito nell’ordine dalle liste d’attesa in ospedale, le tasse, il lavoro, la microcriminalità, l’immigrazione irregolare, l’evasione fiscale, il cambiamento climatico e, al penultimo posto, le guerre in Ucraina e a Gaza (15%). Per Diamanti, la qualità del sistema sanitario (32%), seguito dal costo della vita, la criminalità, l’immigrazione irregolare, la crisi economica, la disoccupazione, le tasse, la guerra in Ucraina e a Gaza (13%) e poi i politici corrotti, la scuola, il terrorismo e il Covid. In entrambi i sondaggi, dettaglio davvero gustoso, non esiste la voce “pericolo del ritorno del fascismo”, tema che evidentemente raccoglie lo zerovirgola dell’interesse degli italiani.
Bene, se a sinistra avessero un minimo senso della realtà, imposterebbero la loro linea politica e la loro prossima campagna elettorale nazionale, ma anche quelle regionali in corso ora, sull’agenda delle inquietudini vere degli italiani. E’ un ragionamento piuttosto semplice, non è che ci vogliano Togliatti, Nenni o Berlinguer per capirlo, e visto che attualmente a destra non sembra che svettino De Gaulle, Adenauer o la Thatcher, forse ci sarebbe l’opportunità di crearsi uno spazio politico e sociale dove pescare consensi, soprattutto nel mare magno montante dell’astensionismo.
E invece, eccola qui l’agenda degli ultimi mesi, e degli ultimi anni, stilata dai nostri lungimiranti statisti di sinistra. Punto 1: Gaza (dagli al nazista Netanyahu!). Punto 2: Gaza (dagli al puzzone Trump e alla cortigiana Meloni!). Punto 3: Gaza (evviva evviva la Flotilla, evviva evviva i flotilleros!). Punto 4: Gaza (Hamas partigiani severi ma giusti, ebrei cattivoni e, in fondo, un po’ nazisti!). Punto 5: Gaza (Nobel per la pace all’Albanese, che lei gli amici degli ebrei non li giudica, ma li perdona!). Punto 6: Gaza (mi si nota di più se vengo alla marcia di Assisi e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?). Punto 7: Il ritorno degli squadristi in Italia (la Russa fascista, sei il primo della lista!). E potremmo proseguire fino al punto 20, tanto sono tutti uguali.
Ora, vi sembra possibile vincere le elezioni con un programma del genere? Come è concepibile che l’intera agenda della sinistra e dei giornali di sinistra e dei talk show di sinistra (ma questo non significa che quelli di destra siano autorevoli: fanno pena uguale) sia monopolizzata da un tema - per quanto importantissimo e tragico - che però coinvolge solo il 15% degli italiani? Perché quello che interessa agli italiani non interessa mai ai politici che dovrebbero rappresentarli? Perché quello che interessa gli italiani non interessa mai ai giornalisti che dovrebbero informarli? Perché sui media fino a tre giorni fa c’era solo la Flotilla e tutti i politiconi e i giornalistoni e i commentatoroni e gli editorialistoni e gli analistoni discettavano e sproloquiavano e trombonavano sulla Flotilla mentre della Flotilla non interessa una beata mazza a nessuno? Perché è questa la verità. Fuori dalla bolla mediatica, nella quale siamo ottusamente immersi e ipnotizzati come in un concerto di fado, i fatti, le statistiche, i sondaggi scientifici ci confermano sempre la stessa cosa: della Flotilla importa ai soliti quattro gatti, altro che la retorica sulle piazze piene.
Poi uno si domanda perché a votare non ci va più nessuno, perché i giornali non li legge più nessuno e perché la sinistra non la vota più nessuno. La risposta è già scritta, ma i politici sono troppo mediocri e i giornalisti troppo conformisti per vederla.
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