Il voto di Como
mazzata al sistema

Alla fine è stato davvero un voto per pochi intimi, quasi intimissimi. Meno di un comasco su due ha mandato Barbara Minghetti al ballottaggio del 26 con un avversario che si è palesato in tarda serata nello scrutinio a palazzo Cernezzi in cui Alessandro Rapinese e Giordano Molteni si sono rincorsi per tutto il tempo. Alla fine, a sorpresa avrebbe prevalso il primo. Il centrodestra, che cinque anni fa aveva vinto facile, potrebbe essere fuori dal ballottaggio in quello che non molto tempo fa era considerato il suo “Mugello”. Già sarebbe stato clamoroso trovarsi con un Molteni inseguitore così però è difficile non pensare alla disfatta. Tutto, va detto è sub judice. Nel momento in cui questo articolo va in stampa i dati sono ancora ufficiosi per la scandalosa lentezza dello scrutinio.

Il vincitore, comunque vada a finire il 26 , è Alessandro Rapinese la cui lista ha raccolto più di tutti e che ha aumentato di quasi sei punti il pur lusinghiero risultato del 2017.

Dalle sue parti, forse, qualcuno si è mangiatole mani pensando ai pezzi pregiati che durante il mandato amministrativo hanno lasciato il candidato civico. In ogni caso per il tenace oppositore di ogni sindaco degli ultimi quindici anni, questo è un trionfo.

Con tanti elettori già in vacanza c’è da pensare che il nuovo primo cittadino di Como sarà eletto da una sparuta minoranza. Problema atavico e non solo locale che riguarda la crisi del sistema dei partiti a cui questa consultazione amministrativa ha dato un’altra mazzata.

Nel caso comasco, però, viene da chiedersi quanto abbiano influito l’appeal dei candidati sindaco, le loro performance nei dibattiti pre voto e i rapporti non proprio idilliaci tra alleati o affini nel centrodestra e nel centrosinistra.

Di certo, nel campo di Barbara Minghetti, il succulento frutto raccolto è figlio di una buona semina, discontinua rispetto alle precedenti esperienze delle comunali, e capace di creare sì, in questo caso un “campo largo”, seppur differente da quello che immagina Enrico Letta. Poi tutti hanno fatto la loro parte nel portare l’acqua per innaffiare questo terreno. Lady Barbara ora è a un passo dal cingere la fascia tricolore. Con ogni probabilità le basterebbe riportare ai seggi tra circa due settimane tutti coloro che l’hanno votata al primo turno, ma non sarà un’impresa facilissima. Come non sarà facile contrastare un Rapinese caricato come una molla nel secondo tempo della partitav elettorale.

In quanto a Giordano Molteni, se i dati saranno confermati, ha pagato un prezzo salato per la burrascosa alleanza di centrodestra, dove la sfida per il primato tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini non ha certo risparmiato anche i nostri lidi

Certo, il candidato lanciato da FdI (che comunque almeno a livello di lista può sorridere) sconta il crollo della Lega e la pesante eredità passiva dell’amministrazione uscente e forse anche la poca notorietà. Lo dimostra anche il dato di Erba, dove stante un centrosinistra che ha fatto il contrario rispetto al capoluogo a causa dell’incubo della frammentazione, Mauro Caprani ha sbrigato la pratica già al primo turno, pur non essendo neppure residente in città, anche sull’onda del lavoro di Veronica Airoldi e sulla sorprendente performance positiva un po’ ovunque di Forza Italia.

Sia nel caso che al secondo turno approdi Molteni sia che il biglietto lo stacchi Rapinese, a decidere chi vincerà a Como saranno gli elettori alternativi al centrosinistra. Il dato di Barbara Minghetti dimostra che la candidata ha saputo conquistare qualche consenso anche al di fuori dal suo “recinto”. Dovrà riuscirci anche il 26, quando comunque entrerà in campo con i favori del pronostico e un vantaggio rilevante.

Da notare infine come il voto per il Comune di Como sia stato “polarizzato” sui tre principali candidati che alla fine conquistano più del 90% dei consensi.

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