Ministro comasco, una poltrona per due

Dopo Alessandra Locatelli nel governo Conte Uno e Corrado Passera in quello guidato da Mario Monti, Como potrebbe avere un altro ministro nell’esecutivo di Giorgia Meloni. Sono due i politici locali in lizza per conquistare la prestigiosa poltrona: Alessio Butti di Fratelli d’Italia e Nicola Molteni della Lega.

Per quest’ultimo alcuni rumors profetizzano il ministero dell’Interno dove il parlamentare canturino ha già ricoperto la carica di sottosegretario con Matteo Salvini. Tutti sanno che il Viminale è l’obiettivo principale del leader della Lega, ma su di lui peserebbero alcuni veti: del Quirinale innanzitutto, essendo il “Capitano” imputato nel processo Open Arms e degli Stati Uniti che lo considerano troppo filo Putin. La nomina di Molteni, molto vicino al suo leader, potrebbe rappresentare la quadratura del cerchio, consentendo a Salvini di influenzare la politica del ministero, soprattutto per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione. Proprio la vicinanza con il “capo” potrebbe però rappresentare un problema per Molteni In concorrenza con lui ci sarebbe Matteo Piantedosi, prefetto di Roma e capo di gabinetto dello stesso Salvini al Viminale. Questa soluzione sarebbe la preferita dalla premier in pectore, Meloni. Di certo Molteni avrà un ruolo nel futuro governo come vice ministro o sottosegretario.

Diverso il discorso per Alessio Butti. Gli esponenti locali di Fratelli d’Italia, forti del risultato ottenuto dal movimento sul territorio (è arrivato vicino al 30% nel collegio per la Camera di Como) hanno rivendicato un posto “pesante” nel futuro esecutivo di centrodestra. Il candidato non può che essere Alessio Butti, indiscusso leader locale del movimento eletto per la settima volta a Roma. A lui potrebbe toccare il ministro delle telecomunicazioni, un nervo scoperto nella coalizione data la presenza di Silvio Berlusconi. Il senatore comasco vanta già un’esperienza nella commissione parlamentare di vigilanza della Rai, anche sotto le insegno del Pdl guidato dal Cavaliere. Per questo l’idea potrebbe non essere sgradita ad Arcore, salvo che per quel ministero, non si voglia puntare su un esponente di Forza Italia.

Contro Butti gioca anche un altro fattore: quello di essere stato eletto, per la seconda volta, in Senato. A palazzo Madama, infatti, il centrodestra ha una maggioranza di soli undici parlamentari. E poiché i ministri non hanno l’obbligo di dimettersi, le numerose assenze dall’aula per le missioni istituzionali rischierebbero di mettere a repentaglio i “numeri” del governo. La vasta esperienza dell’esponente comasco sarebbe invece un punto a suo favore.

Un altro problema potrebbe invece essere rappresentato dalla vocazione “meridionalista” di Fratelli d’Italia che portrebbe a far pendere verso Sud le preferenze per le scelte di governo.

Va però detto che la vera novità di queste elezioni è stato proprio l’exploit del movimento nei territori a Nord del Po a scapito della Lega. Un duello tra fratelli e coltelli all’interno del centrodestra che rischia di ripercuotersi anche nelle scelte per il governo. È quasi impossibile infatti che alla provincia di Como potranno toccare ben due posti, allora uno dei due tra Butti e Molteni dovrà essere sacrificato: una poltrona per due, insomma.

Un’ultima considerazione: avere un ministro espressione del territorio porta dei vantaggi alla comunità?

Alla luce delle recenti esperienze precedenti non è difficile rispondere con un diniego. Anche perché, forse, il componente del governo dove privilegiare gli interessi generali a quelli del proprio “orticello”.

Un elemento, però m che, in altre realtà e in particolare ai tempi della Prima Repubblica, non è proprio stata così aderente alla realtà.

Ci sono zone d’Italia, magari più a Sud che non a Nord, molte beneficate, anche al di là dei loro effettivi bisogni, dal fatto di avere un loro conterraneo dentro il governo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA